La comunità marocchina in Italia: Michela ci racconta tre storie di vita

A molti di noi piace definirsi viaggiatori e viaggiatrici. Documentiamo sui social i nostri viaggi in Italia e intorno al mondo, scattiamo le fotografie con la gente del luogo ospitante e, spesso e volentieri, le postiamo su instagram. Quando ci trasferiamo altrove ci chiamiamo expat e ne siamo orgogliosi. Ma ci sono altri viaggi meno glamour forse, ma incredibilmente preziosi da ascoltare, raccontare, condividere. I protagonisti di questi viaggi vengono chiamati migranti.
Sono felice di inaugurare una nuova rubrica di guest post qui su drinkfromlife, con un articolo di Michela Milani che ci racconta 3 storie di vita legate alla comunità marocchina in Italia.
La comunità marocchina in Italia: riflessioni di immigrazione
La comunità marocchina in Italia rappresenta una quota importante di persone di origine straniera che vivono nel nostro Paese. Proviamo a scoprire qualcosa di più sui motivi che spingono i marocchini a lasciare la loro terra natìa e a dare uno sguardo al loro stile di vita dopo essere approdati quì.
Al di là delle frasi fatte, esistono tante storie diverse.
Storie calde come il vento del deserto che parlano di un popolo ancora profondamente legato ai valori tradizionali e familiari.
Storie che profumano di spezie e racchiudono in sé la nostalgia di casa, solo in parte
attenuata dalle speranze per il futuro.
Ma chi sono, oggi, i marocchini in Italia?

Credit Tatiana Zanon, Unsplash. La comunità marocchina in Italia può trasmettere valori preziosi.
La comunità marocchina in Italia
I primi flussi migratori provenienti dal Marocco risalgono alla metà degli anni ‘70, quindi i marocchini in Italia oggi rappresentano una comunità molto radicata nel nostro territorio. Tanti sono giovani di seconda generazione, spesso nati da matrimoni misti. Parlano
perfettamente italiano e in molti casi vivono all’occidentale.
In bilico tra 2 Paesi
Eppure c’è l’altra faccia della medaglia, perché sono in molti a raccontare di sentirsi
sempre a metà.
In parte italiani e in parte marocchini, mai completamente l’una o l’altra cosa. La nostalgia per il Marocco diventa quindi ancora più forte e il ritorno a casa tutte le estati si trasforma in un’occasione di festa. “Perché la terra è terra” come dice qualcuno.
Appartenenza, famiglia e tradizioni della comunità marocchina in Italia
In Marocco esiste ancora un senso di appartenenza alla famiglia molto forte, quindi, chi
vive in Italia, mantiene costantemente i contatti con i parenti che sono rimasti a casa.
Questo crea un legame indissolubile con la terra natìa, come se ci fosse un filo invisibile che lega l’Italia al Marocco. Contribuisce anche a tenere vivo il rispetto delle tradizioni. A partire dal Ramadan fino alla Festa del Sacrificio, soprattutto nelle città italiane dove esistono dei luoghi adibiti a moschee.

Credit Fabio Santaniello, Unsplash. La comunità marocchina in Italia può essere una preziosa risorsa culturale.
L’argomento immigrazione è un tema decisamente caldo. Di solito tendiamo a vedere
solo gli aspetti negativi di questo fenomeno, io però voglio raccontare 3 storie di
integrazione riuscita, a dimostrazione che una convivenza pacifica è possibile. Vedremo
che anche in queste persone c’è un forte senso di appartenenza al Marocco, ma trattandosi di giovani, la difficoltà di dividersi tra due Paesi pare dissolversi come neve al sole.
La storia di Karim
La prima cosa che noto entrando nel negozio di Karim è la pulizia e l’ordine con cui sono esposte le merci.
Karim ha 36 anni ed è originario di Casablanca. Arrivato nel nostro Paese 10 anni fa, oggi parla perfettamente italiano e scherza con i clienti nel dialetto locale. Karim non ha famiglia qui e vive in un monolocale in affitto al piano superiore della sua attività.

Credit Hamza Bouchikhi, Unsplash
Mi racconta di avere una laurea in giurisprudenza e di aver lasciato il suo Paese perché non riusciva a trovare un impiego ben pagato. “Perché a Casablanca vai avanti solo se hai le conoscenze giuste, sai” dice. Karim è arrivato la prima volta in Italia con un visto turistico e ha impiegato 5 anni prima di poter vivere stabilmente da noi. Anni in cui si è cimentato in vari lavori e ha imparato la lingua, prima di aprire un negozio di abbigliamento. Mi mostra con orgoglio le fatture pagate e le rate del prestito della banca.
“Quando sono arrivato, nessuno credeva in me. Oggi invece sono un piccolo imprenditore e le banche italiane si fidano tanto da concedermi un prestito. La nostalgia di casa si fa sentire, ma è il prezzo da pagare per avere una vita dignitosa. Un giorno, Inshallah, potrò far venire qui anche mia mamma e mio fratello piccolo”.
La storia di Amir
Amir ha 19 anni e vive in Italia con la sua famiglia: i genitori e 3 fratelli minori. Suo padre gestisce una frutteria da quando lui era piccolo e ha frequentato tutte le scuole da noi.
“Sono un marocchino di seconda generazione. Ci sono volte in cui mi sento più italiano,
mentre altre volte prevale la parte marocchina. Per me non è un problema perché io so di appartenere a due Paesi.
Rispetto la religione islamica, ma questo non mi impedisce di avere amici italiani e giocare a calcetto con loro il sabato. Quando andiamo a cena fuori, al massimo mi prendo una pizza vegetariana e si risolve anche la questione della carne di maiale. I miei amici lo sanno e ci sono abituati.
A scuola sono sempre stato ben integrato, anzi, di solito ero doppiamente benvoluto perché passavo i compiti di francese a tutti. Un altro vantaggio di parlare tante lingue!” dice ridendo. Durante il tempo libero, Amir lavora in frutteria con suo padre. Ma tra una preghiera e due calci a pallone, sogna di studiare Economia all’università e la sua famiglia sostiene questa scelta, tanto da risparmiare ogni centesimo per l’istruzione di questo ragazzo figlio di due Paesi.

Credit Pommelien da Silva, Unsplash
La storia di Aisha
Aisha ha 18 anni e frequenta l’ultimo anno all’Istituto Tecnico per il Turismo.
Lascio subito la parola a lei perché è molto sicura e ha tanto da raccontare. “A differenza di tanti marocchini che studiano in Italia, io sono qui da poco, solo da 5 anni.
Mio padre aveva questo sogno italiano da quando era giovane, ma all’inizio non c’èrano le condizioni per vivere in Italia tutti insieme. Lui lavora come dipendente in una ditta di costruzioni e per tanto tempo io ho vissuto in Marocco con mia madre e i miei fratelli. Venivamo in Italia solo durante le vacanze. Questo mi ha permesso di ambientarmi con calma in un Paese totalmente diverso e imparare la lingua. Ci siamo trasferiti qui quando mio padre ha potuto comprare una casa.

Credit Artur Aldyrkhanov, Unsplash
Io mi sento marocchina perché sono cresciuta in Marocco, ma ho tanti amici italiani. Ho sempre portato il velo perché mi sembra una cosa naturale. Penso che dobbiamo distinguere bene tra il velo e il burqa, che secondo me potrebbe essere pericoloso perché non permette di riconoscere le persone. Nessuno dovrebbe giudicare la mia scelta. Anche in Occidente in passato le donne portavano cuffie e cappelli e nessuno ci trovava da ridire perché era una consuetudine dell’epoca. Spero di poter dimostrare il mio valore a prescindere dal mio abbigliamento.
Il mio sogno è prendere il diploma e iniziare a collaborare con l’Italia per far conoscere il Marocco. Non è vero che siamo tutti terroristi e il Marocco è un Paese ospitale. Lo dimostra il fatto che ci sono tanti pensionati che si trasferiscono grazie a un costo della vita più basso. Esistono tanti pregiudizi che mi piacerebbe abbattere.”
Cosa significa essere marocchini in Italia?
Solo un marocchino trapiantato in Italia può rispondere a questa domanda.
Mohammed Hashas, professore alla Luiss di Roma e ricercatore presso la fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna, lo fa splendidamente in un’intervista pubblicata il
28/02/20 sul sito reset.it.
Ho scelto di concludere questo approfondimento proprio con le sue parole, che rappresentano un messaggio di speranza su un tema difficile come quello dei flussi migratori.
Spesso è difficile per un marocchino definirsi perché ci tiene a mantenere quella
molteplicità di ricchezze che lo contraddistingue, una liaison tra cultura e l’identità
amazigh, araba, africana, mediterranea e internazionale. […]Le culture hanno un’anima propria, non ha senso paragonarle tra loro perché ogni cultura e ogni popolo hanno peculiarità diverse. […] Le persone dovrebbero aspirare a una ricchezza linguistica, culturale e morale. […] La convivenza, la coesistenza e l’amore vincono sempre ed è questa la forza di un popolo unito. […]
Il vero straniero in questo nostro nuovo mondo è chi pensa che l’italianità sia da
collegarsi all’etnia e che sia una realtà linguisticamente e culturalmente omogenea. […]
Ci serve tanto lavoro per un bel futuro per tutti. Essere tante cose, mantenere tante
identità è difficile, ma è sicuramente più bello.
Fonte Mohammed Hashas,” Cosa significa essere marocchino in Italia”.
Michela, l’autrice dell’articolo sulla comunità marocchina in Italia:

Michela
Sono Michela Milani, racconto i territori e aiuto i piccoli hotel promuovendo i loro punti di forza e le realtà locali. Credo nella lentezza, nel rispetto della Terra e nell’incontro con le altre culture. Le mie due grandi passioni sono i viaggi e la scrittura. Questo è l’indirizzo del mio blog: michelamilani.it Mi trovi anche sui social facebook come Il travel blog di Michela Milani e instagram Michela Milani Travel.
Grazie Michela per questo contributo prezioso!
Alla prossima puntata con drinkfromlife!
Sara
ps: se appartieni alla comunità marocchina in Italia e vuoi raccontare la tua storia di viaggio e vita scrivi una mail a drinkfromlife@gmail.com
Magnifico articolo che tocca temi delicati ma tanto importanti nelle storie di vita di tanti immigrati divisi fra due culture tanto diverse… E io ne so qualcosa 😉
Grazie per averci lasciato il tuo feedback, ci tengo molto a questo articolo. 🙂
Sara,
è davvero un’emozione leggere le mie parole sul tuo blog. Nonostante il tema delicato, spero di riuscire a trasmettere uno spunto di riflessione su questi viaggi che non si esauriscono con l’arrivo in Italia, ma continuano simbolicamente attraverso l’integrazione e lo scambio culturale che si instaura tra i popoli, in questo caso quello marocchino. Grazie mille per l’opportunità di essere ospitata nel tuo splendido spazio virtuale, che, lo, sai, sento molto in sintonia con il mio modo di essere.
Grazie a te Michela e continua così. Abbiamo uno strumento molto potente con internet, se lo utilizziamo per il bene, l’unità, la tolleranza, l’inclusione, possiamo contribuire a cambiare il mondo.
Articoli come questo offrono uno spaccato su realtà che troppo spesso finiscono per essere trascurate o sfruttate e proprio per questo trovo incredibilmente lodevole l’impegno da te rivolto nel permetterci di avvicinarci a queste tre “storie”, così comuni e proprio per questo così “umane”.