Quello che chiudiamo a chiave trova sempre una strada per raggiungerci – ricordi di viaggio e riflessioni
Riflessioni di viaggio
Una vecchia foto di viaggio che spunta fuori, una frase riletta di Banana Yoshimoto su quelle che sono le Piccole Felicità Insignificanti e si riapre un universo parallelo nel quale fluttuo tra ricordi e sfumature di un eterno presente.
Ricordo che stavamo facendo un piccolo tour notturno nel deserto del Thar, a Jaisalmer, a pochi chilomentri dal Pakistan. Era la seconda notte nel deserto, nell’arco dello stesso viaggio, con una comitiva di gitani che si muoveva insieme da un posto all’altro come vecchi amici. Condividendo tutto, a volte anche la camera da letto per risparmiare. La prima volta eravamo andati nel deserto con i cammelli con un tour organizzato, la seconda in jeep ed eravamo meno organizzati.
Erano i giorni del Desert Festival, sulle Dune di Sam.
I ragazzi locali che ci avevano invitato, stavamo facendo couchsurfing, si erano dimenticati le coperte. Le recuperarono non so dove lungo la strada, così ingombranti e pesanti che dovevamo tenerle sul tetto della jeep, fermandole con le braccia e le mani, tra tante risate. Andammo a cenare in un posto non turistico e, all’arrivo, il buffet era quasi vuoto.
Questi piccoli imprevisti tiravano fuori, a ciascuno, reazioni diverse e secondo il momento che stava attraversando in quella fase di vita e di viaggio. Chi si arrabbiava perché aveva fame, chi accettava senza lamentarsi, chi si scompisciava dalle risate. I ragazzi disorganizzati (e alle prime armi, adesso sono dei veri esperti!) erano, però, sempre gentili e sorridenti.
Le dune altissime, il bagliore della luna che rischiarava tutto, rendendo agli occhi la magia, il freddo assurdo, milioni di stelle. I contatti umani sbocciati, e instaurati, in quei momenti. Compagni di viaggio, autentici. Raccogliere la legna per il fuoco, ridere perché non basta, lamentarsi per il freddo. Il risveglio tra quelle dune mistiche, vedere i volti degli altri appena apro gli occhi. Il chai la mattina, super zuccherato, in un posto che sembrava dimenticato da Dio, mentre Dio, invece, attraversava – e attraversa – ogni cosa, pietra, granello di sabbia, essere.
Grazie Vita, sono viva e questo mi basta.
Questo ho sentito stamattina, mentre riguardavo le foto e raggi di sole entravano nella camera della piccola casa dove vivo in Salento. Qui dove tutto è essenziale e ho ricostruito un minuscola India con tutti i cimeli di viaggio, i teli colorati, le immagini che ho portato da lì. Persino la sabbia della mia amata Rishikesh.
Avevo comprato un barattolo, di quelli in plastica che vendono nei baracchini davanti ai luoghi sacri e che i devoti acquistano, in modo da riempire con acqua del Gange e portare nelle loro case. Il Gange è riconosciuto e venerato come una divinità, sebbene in alcuni posti sia molto inquinato. Eppure a Rishikesh scorre limpido, placido, onesto, come quelle persone che sono totalmente sincere con se stesse e questo traspare anche all’esterno, senza ostentazioni.
Con questo piccolo barattolo sono andata in una piccola spiaggia semi deserta a Laxman Jhula, la parte più turistica, dove c’è uno dei due ponti che sembra sospeso sulle acque cristalline. Un tempio era in costruzione e il rumore dei martelli scandiva il tempo, a modo suo. Mi sono seduta, ho guardato il Gange e, come fa una sfera di cristallo, con una maga zingara, lei – la Ganga – mi faceva vedere cose. Tutto quello che affiorava dal mio intimo veniva riversato in quelle acque sacre in cui mi specchiavo. Riaffiorava per farsi vedere e io guardavo, perché desideravo vedere.
Poi ho riempito il contenitore con la sabbia sottile e brillante, che sembra provenire da un altro pianeta. E forse lo è perché l’India si mostra come una dimensione a sé stante, la patria dell’illogico. Un tritacarne che ti riduce a brandelli fino al punto in cui, di te, vedi solo l’essenza, o quasi. E non è piacevole, mentre questo avviene, ma si deve fare vuoto per accogliere il nuovo. Qualcosa deve rompersi per potersi aprire ed accogliere.
Alcune manciate di sabbia di Rishikesh sono finite nel mio zaino, hanno viaggiato passando sulla Turchia per poi arrivare in Puglia. La boccettina è stata ben riposta sul mio comò, insieme ai trucchi che utilizzo ogni giorno, tra mandala dai colori brillanti. Qualche giorno fa, un movimento brusco, la boccettina sbatte sul piano del mobile e una parte della sabbia si riversa fuori, rivelando bellezza.
A bocca aperta, ho preso tra le dita alcuni di quei granelli argentei, sentendone la morbida consistenza. Ed è stato come se si fosse aperto un portale verso la mia India. E, nemmeno a farlo apposta, nei giorni successivi ho ricevuto messaggi, da quella parte del mondo. Diverse persone che conosco mi chiedevano:”Vieni a Rishikesh?”. La mia amica Isa, compagna della scuola di Yoga, il sorridente direttore della scuola, un altro amico indiano che avevo conosciuto anni prima in un ashram a Goa. Sembrava si fossero messi d’accordo!
Cosa volete mostrarmi?
Mi sono chiesta.
La vita è così. Non possiamo chiudere a chiave cose, persone, situazioni. Ciò che mettiamo nel cassetto trova sempre una minuscola fissura per uscire fuori e raggiungerci, per essere visto, affrontato. E io non potevo chiudere la mia India nel cassetto dei ricordi.
E così la sabbia argentea di Rishikesh mi ha mostrato che la Bellezza trova sempre il modo di farsi vedere e illuminare le nostre giornate, anche le più buie. Dobbiamo fare deserto per fluire come l’acqua.
Jai Ganga!
Oh, ecco che qui ti ritrovo! Mi mancavano questi post di sabbia e cuore.
Mancavano anche a me. <3
So che te l’ho già detto ma… QUANTO MI PIACE PASSARE DAL TUO BLOG! Mi racconti sempre emozioni grandi e questo è l’aspetto che amo di più del viaggio. Bellissima la tua esperienza in Pakistan.
Ma grazieee! Troppo carina! <3
<3
Nel mio cuore.
Tocchi sempre corde particolari con una delicatezza incredibile. “Qualcosa deve rompersi per poter potersi aprire ed accogliere”. Non so ma lì, esattamente in quel punto ho sentito una morsa dentro, qualcosa che mi ha toccato profondamente. <3
Se ti ha toccato profondamente significa che leggevi con il cuore aperto e coraggioso. Un abbraccio.
Ogni volta che racconti dei tuoi viaggi, si vede che ci metti il cuore e non solo la testa; riesci ad emozionare e trasportare chi passa dal tuo blog in quei posti magnifici che si vedono attraverso i tuoi occhi.
Ogni volta che racconti dei tuoi viaggi, si vede che ci metti il cuore e non solo la testa; riesci ad emozionare e trasportare chi passa dal tuo blog in quei posti magnifici che si vedono attraverso i tuoi occhi. Bravissima!
Grazie, mi fai emozionare tu. <3
Che bella avventura, quante emozioni. Adoro come scrivi, e vivere con te un pochino dei tuoi viaggi.
Che carina, grazie! 🙂
dai tuoi post traspare emozione e passione in quello che fai! grazie per le belle parole!
Bellissimo questo racconto, mi sono davvero emozionata nel leggerlo.
Negli ultimi mesi l’India sta cominciando a bussare nella mia testa. Ho sempre pensato che ci si debba sentire in qualche modo “pronti” per visitare un paese – un universo – come quello… spero che arrivi anche il mio momento molto presto. Credo che certi desideri nella vita arrivino per farci scoprire qualcosa di più su noi stessi.