Le concerie di Marrakech | Una visita educativa
Le concerie di Marrakech sono, certamente, meno conosciute e scenografiche delle concerie di Fes, patrimonio dell’Unesco. Eppure una visita, per chi passa in città, può essere educativa e formativa. Scopri il perché leggendo il seguente articolo.
Quando, a marzo 2019, sono andata a Marrakech per la prima volta volevo assolutamente visitare le concerie. Sono molto curiosa ed ero certa che, facendo questa visita, avrei capito molte cose. Le botteghe di Marrakech strasbordano di capi in pelle provenienti dalle concerie: borse finemente lavorate, intagliate con maestria da mani abili, una conoscenza che ha attraversato secoli per essere tramandata di padre in figlio. Scarpe, babbucce, cinte. Oggetti bellissimi, dietro i quali si celano sacrifici, lavoro, arte e creatività.
Avevo notato che l’ostello in cui alloggiavo i primi giorni non era molto distante dalle concerie. Mi trovavo nella medina, il centro storico, e dovevo proprio andare nel quartiere sconsigliato, scarno, scolorito. Tuttavia: eravamo in due, di giorno, le strade pullulavano di persone ed avevamo il Gps. Decidemmo di tentare.
Le persone lungo la strada erano molto gentili con noi. Qualcuno ci chiese se stavamo andando alle concerie e dal nulla sbucò un tizio dall’aria affidabile che si offrì di accompagnarci. Abituata all’energia dell’India, agli incontri che si incastrano alla perfezione come pezzettini di un puzzle, ho colto l’occasione al volo. Mi sembrava di cavalcare un’onda. L’uomo camminava per le strade della medina e noi lo seguivamo. Con l’occhio della mente fotografavo i particolari lungo il cammino – come mi aveva insegnato un ragazzo africano anni prima nelle Marche – per orientarmi. Riutilizzavo quel consiglio proprio nella sua terra. Forte.
Ci ritrovammo a percorrere stradine deserte e sconosciute, per poi giungere davanti l’entrata delle concerie. Il nostro accompagnatore si dileguò in un batter di ciglia e un uomo, sbucato dal nulla, ci diede subito un mazzetto di menta, facendo segno di avvicinarlo al naso. Entrammo. Subito quello che si manifestò fu molto triste. Lo scenario era fatiscente e la puzza di morte talmente acre da stordire quasi.
Cos’è una conceria e cosa succede dentro
Per chi non lo sapesse la conceria è un luogo in cui la pelle di un animale ucciso viene trasformata in un prodotto da utilizzare per creare borse, scarpe ed accessori vari. Per eliminare i residui di carne e di peli e ammorbidire la pelle, in una delle prime fasi, vengono utilizzati gli escrementi di piccione perché contengono acido ossalico, ossia concentrato di ammoniaca naturale. Immersi nelle grandi vasche colme di acqua ed ammoniaca, oltre agli animali ormai senza vita, ci sono degli esseri umani.
(Potrebbero essere benissimo i miei fratelli, o mio padre).
Questi uomini, inoltre, che lavorano senza protezioni, non hanno alcuna copertura medica. Sono esposti a malattie, a causa delle condizioni disumane in cui lavorano. Tutto questo per orari assurdi e salari da fame.
Si tratta di un mestiere antico e rispettato, che si tramanda di generazione in generazione, ma è anche pericoloso per la salute di queste persone. Vedere le influencers su Instagram farsi scattare le foto in abiti romantici, in luoghi come questo, mi lascia sempre perplessa. Oltre a noi, nelle concerie di Marrakech, c’era un’altra coppia di turisti. Vedevamo, al nostro passaggio, pelli gettate a terra, ragazzi immersi nel liquido, tanto grigio in cielo e intorno a noi. Mi è dispiaciuto moltissimo. Quando vado in un luogo credo di dover sostenere l’economia locale ed acquistare dagli artigiani, così ho fatto durante il soggiorno, nel mio piccolo (non sono una grande spendacciona).
In casi come questo però? Il meccanismo che s’innesca è pari alla scena di un cane che si morde la coda.
Fino a poco tempo fa ero una boicottatrice, ma mi sono resa conto che questo discorso, spesso e volentieri, serve a poco perché, raramente, c’è coesione in grandi numeri tra le persone. È a mio avviso, abbastanza utopico e aiuta solo a lavarsi velocemente la coscienza. Cosa fare, quindi? Non lo so, sono sincera. Ci sto pensando. Ma ho sentito di condividere la mia esperienza. Ciascuno si regoli in base al suo sentire.
La nostra non era una visita guidata, in tutta autonomia abbiamo deciso di andare alle concerie, anche spinte da un ragazzo che per strada ci aveva detto assolutamente di andarci. Poi qualcuno, per strada, si è offerto di accompagnarci e siamo entrate.
Dopo la visita alle concerie
Durante la visita un uomo è sempre stato con noi e non capivo il perché, poi ci ha portate in un paio di negozi annessi alle concerie. Quel giorno erano tutti scorbutici ed era lampante si aspettassero che comprassimo, ma non eravamo interessate. Questa, ovviamente, è la mia esperienza. Quando siamo uscite dal cancello, un omone ha preteso dei soldi da noi, ma sapevo benissimo che l’ingresso alle concerie non era a pagamento. Ho provato a rifiutare ma era alto e grosso e noi eravamo straniere in un posto sconosciuto.
Gli ho allungato dei soldi, meno di quello che aveva preteso, e ce ne siamo andate a passo svelto. Per fortuna ricordavo la strada, grazie ai consigli che mi aveva dato il venditore ambulante africano in Italia, anni prima. (Che, dopo la mia esperienza di tirocinio di counselling alla Caritas, ho capito poteva pure essere un giovane laureato venuto in Italia per svolgere la sua stagione lavorativa). Con il senno di poi, non vi consiglio di fare come noi, non andate in autonomia. Fatevi accompagnare da una guida ufficiale, per evitare situazioni sgradevoli come la nostra, oppure fatelo con consapevolezza di dover comunque lasciare un piccolo obolo. Dopotutto le persone devono lavorare ed ogni luogo ha i suoi codici. (Se avete bisogno di una guida ufficiale, o di organizzazione per il vostro viaggio di Marocco, noi possiamo aiutarvi).
Conclusioni: vale la pena visitare le concerie?
Sì e no.
Dipende da te. Da un lato una visita del genere equivale ad esplorare una parte del tessuto storico e commerciale di questa città. Sembra che i conciatori siano stati i primi abitanti di Marrakech e a loro è anche dedicata una porta che si chiama Bab Debbagh, la porta dei conciatori, appunto. La porta è situata ad est della città, dove scorre il torrente Oued Issil. La sua acqua viene utilizzata anche per la concia delle pelli.
Non c’è niente di divertente nell’assistere al lento suicidio di giovani marocchini che lavorano in condizioni precarie. Non dico nemmeno di non comprare le scarpe, o le borse nel souk. Di quei soldi molte famiglie riescono a vivere, a mangiare. Ma portare attenzione, porsi domande, indagare, approfondire, essere curiosi, condividere può aprire, in generale, strade che non immaginiamo.
Cosa ne pensi? Hai mai visitato un luogo simile?
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Alla prossima puntata con drinkfromlife!
Sara Chandana
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Triste e affascinante. Non conoscevo affatto le concerie, e ammetto che leggerti mi ha messo addosso tanta curiosità ma, per l’appunto, tristezza nel vedere le condizioni disumane in cui si è costretti a lavorare per portare il pane a casa. Deve essere stata un’esperienza intensa. Grazie anche per la condivisione del tizio che pretendeva soldi per la visita.
Grazie a te per aver letto e compreso il senso del messaggio, non è scontato!
Sì, è stata un’esperienza molto intensa, ma per me necessaria.
Non sapevo ci fossero in marocco o almeno non avrei mai pensato di poterle visitare, grazie del feedback
Si, ci sono quelle di Fes che sono molto note. Molti le guardano dall’alto, da un punto strategico.
Articolo davvero interessante, anche perchè non sapevo nemmeno l’esistenza di queste concerie e ora ho imparato una cosa nuova.
Felice di essere stata utile, grazie per il feedback 😉
Non sono mai stata in Marocco, é triste il modo in cui vivono queste persone. Difficilmente, ci fermiamo a pensare come vengono fabbricare le cose e il sacrificio che c’é dietro.
Davvero.
Molto triste, fa sentire impotenti.
Sonó stata più volte a Marrakech ma non ho mai avuto l’opportunità di scoprire le tue tante concerie. Ora finalmente ne so molto di più grazie al tuo articolo! Grazie 🙂
Ha aperto uno squarcio su un mondo che non riusciamo nemmeno ad immaginare. Anche io avrei il tuo stesso dilemma: boicottare queste aziende e quindi i prodotti che trovo sul mercato o acquistarli sapendo che danno da mangiare a migliaia di famiglie? ed è lo stesso dilemma davanti al quale mi trovo quando penso all’ILVA di Taranto (scusa se ne parlo qui, ma mi ci hai fatto pensare): sperare che la chiudano e riconvertano la produzione in qualcosa di più sostenibile ecologicamente o sperare che continui a lavorare e che dia da mangiare a decine di migliaia di persone? Non so…
Riguardo l’Ilva, poi, la situazione sembra – a mio modesto avviso – ancora più complessa per la mole di persone coinvolte. Anche qui nel basso Salento subiamo i veleni dell’Ilva. È comunque difficile dare delle soluzioni rapide.
Anche noi durante la nostra visita a Marrakech abbiamo scelto di visitare le concerie, e come dici tu l’abbiamo trovata una visita molto istruttiva che ci ha permesso di conoscere meglio la città e il Marocco in generale!
Quando sono stata a Marrakech non ho visitato le concerie, ma sapevo essere un’esperienza “forte”, sia per gli odori che si sentono, sia per la situazione dei lavoratori. Grazie per il tuo racconto, con cui ho scoperto di più su questa realtà controversa.
Sì, poi è una scelta che si può decidere di fare o meno. Non è sicuramente un luogo piacevole.
Non sapevo della possibilità di visitare le concerie di Marrakesh, sono stata e quelle di Fes ed effettivamente sono molto più coreografiche. Le ho potute ammirare da un balcone e devo dire che l’odore non l’ho trovato così tanto forte. Molto molto interessante vedere tutto il trattamento e davvero assurdo vedere i ragazzi immersi in quei liquidi fino alla vita. Pazzesco e affascinante come tutto in Marocco!
L’odore non era forte proprio perché eri lontana, ma so che giù è nauseabondo come a Marrakech.
Purtroppo i diritti umani sono calpestati ovunque nel mondo, noi viaggiatori possiamo almeno portare un po’ di rispetto. A me, per esempio, fa male vedere alcune influencers scattare foto in posa proprio tra quelle vasche. Lo trovo irrispettoso e volgare.
Che tristezza. Siamo fortunate a vivere in Italia vien da pensare! Sicuramente una visita atipica e molto educativa. Credo che tanti di noi dovrebbero vedere un posto del genere.
Come si diceva in altri commenti, in Italia abbiamo l’Ilva… fortunati non so quanto lo siamo. Però concordo sulla tristezza.
non avevo mai visto foto originali delle concerie di questi luoghi e ti dirò esprimono tutta la tristezza e la fatica di cui questi luoghi ancora oggi sono pieni.
Hai ragione, spero però di non averti intristita a lungo.
Non credo che avrei resistito nemmeno un attimo, soprattutto per l’odore nauseabondo. Ma solo al pensiero di vedere delle povere bestiole trasformate in pellame per cinghie e borse ho i brividi. Ammiro molto la tua determinazione.
Il motivo per cui non entro dal macellaio da anni. Però questo posto lo volevo davvero vedere per documentare.
Non sapevo ci fossero anche a Marrakech!!! Peccato, altrimenti sarei andata a vederle il mese scorso quando ero in città!
Vuol dire che non dovevi fare quest’esperienza. Poi, veramente, sono un luogo triste.
Ho avuto la stessa impressione: un tanfo incredibile e i poveri lavoratori alla mercé dei turisti – e mi ci metto pure io.
Cara Fabiana, lo spirito, e l’atteggiamento, con cui visiti i luoghi può fare veramente la differenza. E già rendersene conto, come hai fatto tu, è tanto. Proprio non sono d’accordo quando vedo le fotografie instagrammate tra i vasconi, o alle persone che lavorano come animali nello zoo.
Non conoscevo le concerie di Marrakech, ma durante il mio viaggio in Marocco, ho visitato quelle di Fes, altrettanto schockanti: 20 anni fa ero rimasta impressionata dalle condizioni di totale assenza di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. Nonostante siano passati così tanti anni, vedo che nulla è cambiato, purtroppo.
A quanto pare no, che dispiacere. Grazie per la tua testimonianza.
Ho letto con molto interesse questo articolo. Sono stata a Marrakech e anche noi per strada siamo stati avvicinati da un ragazzo (che parlava italiano) ci voleva accompagnare alle concerie, ma puntualizzava di non essere una guida. Noi andavamo alla Maison de la Photographie in realtà: ci ha detto che era chiusa (abbiamo capito subito che mentiva). Abbiamo deciso di proseguire per la nostra strada. Mi interesserebbe visitare una conceria per capire meglio la cultura, ma non avevo voglia di essere raggirata ne di essere spinta ad acquistare qualcosa che non volevo.
Una visita alle concerie di Marrakech è obbligatoria e si confermo che è un posto molto suggestivo ma ci vuole fegato io le ho visitate con la sciarpa sul viso per l’odore terribile
Sì, non è un luogo di svago quindi proprio se si ha veramente voglia di vedere questa realtà, con rispetto. Quell’odore, chi se lo dimentica.
Spesso non si conosce l’origine dei mille mestieri, in particolare le concerie. Mai visto una e come te sono rimasta basita a quella vista e come conciavano le pelli. In ogni caso un’esperienza che ti ha arricchita