A casa di una famiglia marocchina in un luogo sperduto del Marocco

Tajine
Credit Louis Hansel, Unsplash

Io appartengo all’unica razza che conosco, quella umana.

Albert Einstein

Era da tanto tempo che sognavo di trascorrere una giornata con una famiglia marocchina e, ad ottobre 2019, non mi sono lasciata scappare l’occasione.

Devo fare un passo indietro: questo 2019 per me è stato un anno molto difficile. Diversi ostacoli ed ho dovuto imparare a mettere paletti, io che sono sempre così accogliente. Si sono chiusi dei cicli che non mi permettevano di crescere, con tutto il dolore che queste fasi hanno comportato e poi la bellezza della resa e dell’inaspettato. Sono accaduti degli incontri molto speciali, come quello con una famiglia berbera o meglio, Amazigh.

Bandiera berbera, wikipedia

Amazigh, nome che denomina le popolazioni autoctone del Nord Africa, significa uomo libero. Ci sarà modo di approfondire sul blog più avanti, l’argomento merita. Ad ottobre, appena tornata in Marocco, un amico mi chiede, per l’ennesima volta, quando voglio conoscere la sua famiglia.

Che ne pensi di domani?

La strada verso casa

La mattina dopo prendiamo un taxi che, dal centro di Marrakech, ci lascia in periferia. Da lì un taxi collettivo. La mia avventura con la sua famiglia marocchina sta per iniziare.

Laurent Gence, Unsplash

Stranamente mi sento tranquilla, per nulla agitata. Il paesaggio si srotola familiare fuori dai finestrini, i colori del Marocco sono anche i miei. C’è qualcosa di Salento in questa terra ospitale, così come in Salento c’è un po’ di Marocco. Le migrazioni insegnano.

L’arrivo al villaggio

Il taxi ci lascia nella stazione del paese, dove questi veicoli arrivano e ripartono. Avverto subito il cambiamento, non ci sono più turisti in giro, come a Marrakech. Le donne indossano tutte un foulard in testa e sono l’unica occidentale. Ho già provato una sensazione simile in diversi luoghi, in India, ma questa volta è diverso. Avrei tanto desiderato avere qualcosa per la testa, anche se nessuno mi fissa o dice nulla. Prima di andare ho chiesto al mio amico se dovevo vestirmi in modo particolare, o coprire la testa per rispetto alle sue tradizioni e lui mi aveva risposto candidamente, spiazzandomi, con un: Vieni così come sei, la mia è una famiglia aperta.

Credit Aziz Acharki, Unsplash

Ma tante volte la gente in Marocco mi spiazza e mi rendo conto di essere pregna di condizionamenti errati, nonostante sia molto più aperta di tanta altra gente in Italia, ed abbia viaggiato a lungo in luoghi dove il condizionamento culturale e religioso è totalmente diverso da quello italiano.

Vuoi andare a casa mia a piedi o prendiamo un altro taxi?

Camminiamo sotto il sole forte. Vedo i nidi delle cicogne sui tralicci, che spettacolo. Il cuore si emoziona per cose semplici. Nonostante siamo sulla soglia del 2020 stiamo rompendo molto schemi in seguito a questo incontro. Prima dentro di noi. 

Il primo incontro con la famiglia marocchina berbera

I muretti a secco, i fichi d’India, gli ulivi. Sembra il Salento, ma con alcune note diverse. Solo in quei momenti avverto un po’ di timore ad incontrare il padre, in quanto capofamiglia musulmano. Ironia della sorte: è proprio lui ad accoglierci sulla soglia con un sorriso, una risatina, e la nipotina in braccio. Mi sento subito a casa. Varcata la soglia e tutti sono lì ad accogliermi. Mi levo d’istinto le scarpe, saluto. La mamma mi abbraccia fortissimo, riempie di baci, mi sento subito accolta.

Ovviamente sono sotto la lente d’ingrandimento. Nel giro di pochi istanti mi ritrovo seduta sul lunghissimo divano elegante, circondata da tanti occhioni scuri e sorrisi enormi, ridendo come una matta. Mi dicono che prima nei luoghi arriva la mia risata, o la mia voce, e poi arrivo io. Insomma, faccio sempre un gran baccano.

Gli uomini indossano tuniche eleganti, come il loro portamento, le donne abiti tipici, lunghi, la testa coperta ed il bel volto aperto, bene in vista. È un modo diverso di vivere la bellezza femminile, la spiritualità, non lo giudico. Beviamo il tè alla menta marocchino tutti insieme. Sono sempre ipnotizzata da questo rituale. Ci sono tanti dolci sul tavolo. Gioco con la nipotina, scambio sorrisi d’intesa con le donne della casa, parlo in italiano con uno dei fratelli e in inglese con un altro. Viaggiando ho imparato che la lingua non è mai un problema in queste occasioni, si trova sempre il modo di comunicare. I cuori si sentono.

Ti racconto il pranzo in una famiglia marocchina

Ad un certo punto sento il mio amico sussurrare delicatamente nell’orecchio, con un certo imbarazzo: Uomini e donne mangiano in tavoli separati, vuoi stare al tavolo delle donne o a quello degli uomini con me? 

Credo di non aver capito bene: Mi sta chiedendo di mangiare con gli uomini? Ma non erano maschilisti i musulmani? Non ci capisco più nulla! Mi vergogno a mangiare con gli uomini.

Questi i pensieri che mi ronzano in testa, che osservo da meditatrice.Gli rispondo che preferisco con le donne, ma in un attimo – la situazione è nuova per tutti – va dalla mamma e capisco. Le sta dicendo che mangerò al tavolo delle donne. La mamma scuote la testa e fa segno che mangeremo tutti insieme, come fanno sempre in famiglia. È festa!

Al centro del tavolo viene disposto un piatto unico, a base di carne, verdure e datteri. C’è anche un unico bicchiere dal quale bevono tutti, viene versato direttamente da un’anfora piena d’acqua fresca. Però per l’acqua rifiuto, ho la mia borraccia, non è tanto per il bicchiere perché sono tutti molto puliti (forse un po’ si anche) ma non so se quell’acqua possa farmi bene e visto che starò in Marocco pochi giorni non voglio rischiare di avere problemi come in India, quando a Varanasi sono stata male per quasi un mese.

Lo confesso, per un attimo ho pensato di tirare fuori il telefono e fare le foto alle pietanze, ma decido di lasciarlo nella borsa e godermi quella meravigliosa umanità. Ho la percezione, gradevole, di trovarmi in una comunità che si sostiene. Anche l’idea di mangiare tutti nello stesso piatto mi piace ed insegna. Ognuno rispetta il suo pezzettino di piatto, senza invadere quello altrui. Mangiamo con le mani e mi piace. Noi salentini amiamo mangiare la frisella con le mani e ridiamo quando i turisti usano la forchetta: si perde il sapore.

Quasi come a casa della famiglia marocchina. Credit Annie Spratt, Unsplash

La mamma di casa decide che sto mangiando poco e dal centro del contenitore butta verso la mia parte altro cibo e datteri, un bene prezioso. Mi rendo conto di essere trattata al meglio e che non è tutta scena, sono persone di cuore. Arriva altro cibo, frutta. Alla fine vedo la mamma dire verso una direzione e con aria severa, delle parole verso qualcuno. Ecco, sta dicendo alla nuora, vicino la nipotina, di pulire, perché le donne devono svolgere le faccende!”. Penso. Il fratello che parla italiano, sembra leggermi nel pensiero e mi dice candidamente: La mamma ha detto a noi uomini di sparecchiare la tavola e pulire.

Mi sento scema e rido di me stessa. Come ho potuto pensare una cosa simile, maledetti condizionamenti. Mitica la mamma e anche gli uomini di casa che si danno subito da fare. Dopo pranzo spendiamo ancora del tempo insieme. In seguito al tour della casa, la mamma mi invita a fare un riposino ed è impossibile rifiutare. Mi accorgo che alcuni membri della famiglia prendono dei tappeti ed iniziano a pregare. Lei mi conduce in una stanza più piccola dove c’è un divano, mi prepara il letto con delle lenzuola immacolate. Il mio amico si accerta che stia bene, mi saluta e raggiunge la famiglia. Dopo un po’ noto che la mamma chiude la porta, come a proteggere l’ospite.

Penso che non dormirò mai e che solo io posso mettermi in situazioni così particolari, ma anche totalmente gradevoli. Lontana da casa, ospitata da una famiglia che non conosco, in un villaggio del Marocco per me sperduto. Cullata da questi pensieri, e dal movimento ipnotico della tendina della finestra aperta, sprofondo beata nel sonno come una bimba nella sua culla. Mi sveglio dopo un’oretta, sento le risate in soggiorno e lui, sempre super telepatico, bussa dopo qualche istante per chiamarmi.

Raggiungo gli altri. L’angelo del focolare (la mamma) come dice il fratello che parla italiano, mi chiede se voglio tè o caffè. Dopo un po’ beviamo caffè tutti insieme, ripartono le risate e assaggio la famosa pizza berbera che è buonissima. La convivialità è alle stelle. Si fa sera, dico al mio amico che vorrei tornare a Marrakech, nel mio hotel, ma di non preoccuparsi per me, se lui vuole rimanere capisco. Torno da sola. Li vede raramente e un suo fratello partirà a breve all’estero, in Ucraina, per una borsa di studio.

Non esiste, sei sotto la mia responsabilità, sei venuta con me e ti riporto sotto la porta dell’hotel. Con tono gentile e affettuoso. Mi sono sentita sollevata, qualche pensiero in meno. La mamma però ci rimane molto male, in cuor suo sperava che dormissi lì. La prossima volta, le dico. Inchallah, se Dio vuole. Saluto tutti, lascio un regalino alla mamma, dei prodotti tipici salentini, e vado. Mi sono già affezionata e lascio casa sapendo di essere stata adottata da quella meravigliosa famiglia marocchina.

Due dei fratelli ci accompagnano per un pezzo, è ancora luce. Scherziamo, ridiamo, in un mix di lingue: arabo, inglese, italiano, berbero, francese. Provo sensazioni simili a quando sono con i miei fratelli. Penso di essere sperduta in un villaggio del Marocco, insieme a tre uomini musulmani, che sono come tre angeli. Ho i capelli scoperti, intrecciati. Durante quella passeggiata, sto rompendo molti schemi per il loro paese e per il mio, soprattutto. So che tornerò e che posso veramente contare su quelle persone ospitali, la mia famiglia marocchina. Brava gente.

Hai mai vissuto una giornata, o qualche ora, a stretto contatto con una famiglia con tradizioni diverse dalle tue?

Se ti va raccontacelo nei commenti.

Inshallah, Fazza Diu significa: se Dio vuole. In arabo ed in salentino. Il mondo è piccolo.

Alla prossima puntata con drinkfromlife,

Sara Chandana

Sara

Anima vagabonda, amo aggirarmi nelle medine arabe, nei templi indiani, nei borghi salentini o deserti sperduti nel mondo a sentimento, collegata con la Terra e il Cuore. Mi trovi anche sul progetto Sahara View Tours.

16 Risposte

  1. Noemi ha detto:

    Come dire, è sempre un piacere leggerti. Mi sono emozionata alla lettura di tutto il racconto. Ho immaginato le tue emozioni, i tuoi dubbi, li avrei avuti anch’io! E che brividi la frase del tuo amico. Questa tua relazione potrebbe aiutarmi a comprendere meglio il mondo islamico. Io intanto ti auguro che sia solamente una splendida storia d’amore.

    • Sara Chandana ha detto:

      Grazie di cuore Noemi, ho dovuto superare la mia timidezza per scrivere questo post. Di tendenza sono gelosa della mia privacy, ma ho sentito che da questa giornata potevano nascere spunti di riflessione interessanti. Inizio a comprendere il mondo islamico meglio anch’io. Ovviamente è ricco di sfaccettature, ma trovo grande cuore e apertura tra i musulmani puri, quelli che lo sono nel cuore. Anche in India avevo avuto bellissime esperienze con loro. Grazie per l’augurio, speriamo. Intando mi godo il percorso. Un abbraccio.

  2. Sara ha detto:

    Saretta, che racconto splendido!!
    Non ho mai vissuto esperienze simili ma ho prenotato, giusto ieri, un viaggio breve in Armenia e vorrei riuscire a conoscere qualcuno del posto, così da condividere impressioni, racconti, cose di questo tipo insomma. Un abbraccio grande ❤️

  3. Sara ha detto:

    E mi accodo al commento di Noemi. Anche io subisco, volente o nolente, i pregiudizi che riguardano il mondo islamico, e questo tuo racconto mi ha decisamente spiazzato. È bello potersi ricredere!

    • Sara Chandana ha detto:

      Siamo inzuppati nei condizionamenti dalla testa ai piedi, purtroppo. Dopo tanti anni di meditazione e tanto viaggiare e destrutturare mi sono stupita dei miei stessi pensieri. Per fortuna vado oltre la mia testa. Poi i fanatismi ci sono in tutti i settori, ma non dovremmo utilizzare episodi (messi in atto da gente fuori di testa) per etichettare intere popolazioni. Ti abbraccio forte forte.

  4. Il tuo racconto, la tua esperienza, sono così profondi. È proprio vero che sono i rapporti umani a rendere un viaggio indimenticabile, perché segnano le persone nella loro interiorità e nel loro approccio verso l’altro. Ecco, tutto questo emerge dalle tue parole. Personalmente ho avuto la fortuna di trascorrere una sera ed una mattina in uno sperduto villaggio del Myanmar, che ad oggi rimane una delle esperienze più intense vissute in viaggio. Avrei solo voluto restare di più.

  5. Monica ha detto:

    È stato emozionante leggere il tuo racconto, ho provato a immaginarmi nella tua stessa situazione e avrei avuto sicuramente un sacco di pregiudizi sbagliati sulle abitudini di questo popolo. Purtroppo siamo condizionati dalla nostra cultura ma quando sono in viaggio mi rendo sempre conto di quante idee siano sbagliate. Mi piace avere l’occasione di entrare in contatto con persone di culture diverse e ogni volta è una piacevolissima sorpresa,

  6. Anna ha detto:

    questa deve essere stata una bellissima esperienza…. penso che sia il massimo per chi ama viaggiare….. in questo modo si entra nella vita reale del paese che si visita

  7. Francesco ha detto:

    Trascorsi una giornata analoga (alla lontana) anche io, pranzando a casa di Marocchini, ma qua in Italia. È affascinante il modo di fare diverso dal nostro e pregiudizi alle volte sbagliati (dipende sempre dalla famiglia). Anche noi ci sedemmo per terra con la tavola imbandita come una grande famiglia, e poi arrivò il momento di prendere la carne dal centro con le mani.carne buonissima e cucina speziata che adoro. Certo il mangiare con le mani tutti dallo stesso piatto non mi ha entusiasmato, ma quello è un problema mio di igiene anche con i miei parenti.

    • Sara Chandana ha detto:

      Il bello di queste esperienze è che si possono vivere anche in Italia, aprendosi ai mondi altrui come hai fatto tu. Noi però non eravamo a terra (ho mangiato a terra tante volte nelle case indiane), ma ad un tavolo tutti insieme. I musulmani sono molto puliti, sono fissata con l’igiene ma non mi ha dato fastidio come in altre occasioni simili. Grazie per aver condiviso la tua esperienza. 🙂

  8. Silvia ha detto:

    Credo che queste siano le uniche vere esperienze che ti permettono di assaporare il vero sale delle terre e dei popoli che si visitano… Grazie per averla condivisa con noi!

  9. Claudia ha detto:

    Hai proprio ragione, c’è un po’ di Salento in Marocco, soprattutto quando lasci i percorsi turistici. Quando sono stata nella zona di Volubilis piena di ulivi sembrava veramente di essere in Salento, uno dei luoghi che ho amato di più in Puglia (ci sono andata per molti anni per le vacanze estive).

  10. Bellissimo racconto, è come se ci avessi aperto una finestra, in un mondo che, troppo spesso giudichiamo solo in base a stereotipi, che ci arrivano dai mass media tradizionali. Complimenti! Goditi la tua nuova famiglia.

  11. Augusta ha detto:

    A me questo racconto ricorda una giornata passata in casa di nuovi amici nel western sahara. Giornata surreale e molto bella/ impegnativa

  12. Erica ha detto:

    Un racconto davvero emozionante, mi è sembrato di trovarmi in un angolo della stanza e di osservare tutte le scene svolgermi davanti ai miei occhi. Dal canto mio, ho cenato con una famiglia turca e con un paio di famiglie in Sri Lanka, esperienze bellissime ma diverse in parte dalla tua, nessun pericolo di suocera all’orizzonte….

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