Il tarantismo a Galatina | Salento
Il tarantismo a Galatina: cos’è, come nasce, si sviluppa ed evolve. Ne parliamo oggi, ripartendo proprio dalla mia città. Buona lettura!
Galatina
Galatina, Galatinè, Γαλατινή in greco bizantino, si trova nel cuore del Salento, in provincia di Lecce. Il 20 luglio 1793 è stata fregiata del titolo di città per decreto del re durante il Regno d’Italia.
Il centro storico, poetico ed impregnato d’arte, è stato prima del lockdown, punto di arrivo di turisti provenienti da diverse parti d’Italia, e da tutto il mondo. Si tratta di un turismo gentile, che giunge in punta di piedi per esplorare questo piccolo gioiello salentino e le sue meraviglie, tra cui la Basilica di Santa Caterina d’Alessandria ed assaggiare il dolce pasticciotto, creato qui da Andrea Ascalone.
Galatina, nonostante l’avanzare di un futuro fantascientifico che lascia tutti a bocca aperta nel mondo, mantiene salde le radici con rituali antichi, oserei definire sciamanici, come le tarantate.
Lascio agli studiosi le loro argomentazioni, la mia visione del tarantismo a Galatina è quella di una donna che raccoglie nero su bianco, ricordi, aneddoti di parenti, letture, visioni di documentari, film e affronta questo argomento dal punto di vista spirituale.
Il tarantismo a Galatina
Il tarantismo nasce in Salento, lembo di terra a sud della Puglia tra gli anni 800 e 1000, e si sviluppa a Galatina che ne diventa teatro.
La vita era difficile, oggi probabilmente lo è in altro modo, si lavorava duramente nei campi. Le donne, in generale, dovevano abbassare la testa, il patriarcato spadroneggiava.
Spesso succedeva che, una donna, nei campi, venisse pizzicata da un terribile ragno, la Taranta. Un animale di terra, dal morso velenoso (l’uomo?). Il suo veleno, piano piano, si diffondeva nel corpo, rendendola insofferente e pazza agli occhi altrui. A volte, però, poteva anche essere un serpente o uno scorpione.
Sintomi e cura
I sintomi del morso erano: spossatezza, dolori addominali e/o muscolari, frustrazione, trans, malinconia, stato catatonico, affaticamento.
L’unico modo per guarire era ricorrere alla musica e alla danza. Per questo esisteva un rituale preciso, un esorcismo musicale, utilizzato per uccidere il male che si era impossessato nel corpo della donna.
Veniva chiamata, a casa, un’orchestrina composta da tamburello, violino, armonica a bocca e organetto (a volte anche altri strumenti). Suonava e la donna, piano piano, iniziava a danzare e dimenarsi, in preda al male che veniva risvegliato e portato al suo apice fino a scomparire.
La Tarantata aveva un nome e impartiva ordini alla pizzicata. L’unico modo per liberarsene era impersonificarla. Solo abbracciando il proprio male ci si liberava da esso, trasformando. L’antidoto era nel veleno stesso.
Tuttavia il male si ripresentava, ciclicamente, con la nuova stagione (si verificava soprattutto nei mesi estivi, durante la mietitura del grano). Il rituale era, per la donna, occasione per esprimere, attraverso il corpo, ciò che era sepolto, inespresso nei meandri della sua anima. Per alcune ore poteva fare quello che voleva, essere al centro dell’attenzione: qualcuno vegliava su di lei e se ne prendeva cura.
Cromoterapia
Oltre alla musicoterapia veniva utilizzata la cromoterapia, con nastrini colorati, le zacareddhe, a sottolineare un legame simbolico con i colori. Ogni colore indicava un male diverso e, anche, una melodia differente. C’era il morso da taranta libertina, taranta tempestosa, taranta d’acqua, taranta triste e muta.
San Paolo
Successivamente, la Chiesa s’instaurò, così come ha fatto su diverse tradizione pagane, sul rito delle Tarantate e ci fu l’aggiunta di San Paolo. Poichè il male tornava, ogni anno, in occasione della festa di San Pietro e Paolo le donne pizzicate dalla Tarante venivano portate in pellegrinaggio a Galatina per il rito terapeutico.
Qui, nella chiesetta di San Pietro e Paolo, poi sconsacrata a causa delle danze ritenute scabrose, danzavano selvaggiamente, finalmente libere dagli schemi e dai condizionamenti alle quali erano costrette a piegarsi.
San Paolo, da santo guaritore dai veleni, divenne santo legato alla sessualità.
Strisciando, muovendosi a carponi, roteando la testa, arrampicandosi sull’altare della chiesetta esorcizzavano il male. I familiari speravano nella grazia di San Paolo, al quale è anche dedicato il pozzo nella corte vicina la piccola chiesa. Si credeva che le sue acque fossero benefiche.
Per le ragazze, e le loro famiglie, era considerata una disgrazia essere pizzicate e possedute dalla Taranta. Rischiavano di essere emarginate ed i famigliari erano costretti ad indebitarsi per pagare le orchestrine. Su di loro pesava uno stigma.
Ricordi del tarantismo a Galatina
Sono nata alla fine degli anni ’70, quando la mia città era schiacciata da un’ombra molto scura. Da bambina, nei giorni di festa patronale di San Pietro e Paolo (28, 29 e 30 giugno) ascoltavo incuriosita i racconti dei parenti che si svegliavano all’alba per assistere al rituale.
Si percepivano la gravità e la sacralità insieme del rito che aleggiava nell’aria.
Era anche l’occasione per ricordare episodi che si erano verificati anni prima, o che erano stati raccontati da amici.
Ero andato a guardare e la Tarantata mi ha puntato da lontano, venendo proprio verso di me, mi voleva saltare addosso. Indossavo la maglietta rossa.
Si diceva, infatti, di non vestirsi di rosso, o altri colori sgargianti, perchè le faceva agitare ancora di più. Si andava all’alba perchè le famiglie volevano sfuggire gli occhi dei curiosi, infatti quando scoppiò la moda, giustamente, sparirono
Queste donne, e ragazze, avevano già uno stigma addosso, non potevano anche diventare uno zoo umano, un circo.
Il rito è stato, negli ultimi anni, sostituito da una rievocazione che si snoda per le vie principali della città, in pieno centro. Essa scatena comunque un’energia molto forte, come se si richiamassero energie ancestrali che, chi è sensibile, percepisce nell’aria.
Ricordi lontani
Un volta, ero piccola, mio padre mi portò nelle chiesetta di San Paolo poco dopo il rito. Ricordo una sensazione di energia spelacchiata, disfatta, scura, di sgomento. C’era un pezzo di altare per terra, qualcuna aveva provato sicuramente ad arrampicarsi sopra.
Un’altra aveva fatto pipì sul pavimento, o così sembrava, c’era ancora la chiazza. Non vedevo l’ora di uscire. Anno dopo anno divenne sempre più difficile avvistarle, l’interesse cresceva, così i curiosi. Intanto i giovani rispolverarono i tamburelli dalle cassapanche dei nonni e ripresero la pizzica.
Ricordo un’estate in particolare, gruppi di ragazzi e ragazze giovani improvvisavano ronde musicali in diverse parti della città, al calar della sera. Chi non aveva musicisti nel gruppo, metteva una cassetta musicale in macchina dell’amico patentato di turno.
Lo trovavo così poetico, magico. Ma l’entusiasmo, sano, di quei giovani pieni di vita fu bloccato dalle segnalazioni alla polizia, da parte di chi voleva silenzio. Tuttavia si diffusero i gruppi musicali, poi arrivarono addirittura le ballerine ed i corsi di pizzica. No, quella pizzica, dentro gli schemi, non la so ballare. Mi spiace.
Risorse utili
Il fenomeno fu portato alla luce da Ernesto De Martino, antropologo che scrisse La Terra del Rimorso, monografia etnografica.
Il regista Edoardo Winspeare ha diretto Pizzicata, film girato nella provincia di Lecce.
Il film Un Ritmo per l’Anima di Giuliano Capani, indaga il fenomeno dal punto di vista bioenergetico: è un antico rituale terapeutico.
Oggi il fenomeno è scomparso, ma il mal di vivere è rimasto: dove sono andati a finire i tarantati del terzo millennio? Nel mondo occidentale sempre più persone preservano il loro equilibrio psicofisico con pratiche che fanno uso del ritmo e della danza intesa come reazione del corpo alla musica. Dalla Meditazione dinamica di Osho ai Five rithms dell’americana Gabrielle Roth, alla musicoterapia.
Analogie tra Tarantismo e musica Gnawa ad Essaouira
Le rivisitazioni dei rituali del Tarantismo – che si tengono a Galatina gli ultimi tre giorni di giugno, durante la festa di San Pietro e Paolo – mi fanno pensare ai cerimoniali misterici della musica Gnawa, nata al tempo degli schiavi – che si svolgono ad Essaouira, Marocco – nello stesso periodo, a fine giugno, durante il Festival di Musica Gnawa.
Ripenso al tarantismo perchè la confraternita mistica Gnawa esegue una serie di rituali ipnotici, con musica del sintir (strumento a corde pizzicate), percussione di krakeb (cembali) canti ad antifona, battito di mani e danze segrete, guidati da un maestro, Maâlem.
Essi hanno lo scopo di evocare i Jinn, spiriti citati nel Corano, con lo scopo di indurre in trance, per esorcizzare il male, guarire dalla follia o da punture di animali come scorpioni. Anche qui rituali preislamici si fondono con aspetti religiosi ed invocazioni al profeta.
Tanti sono gli elementi in comune, difficile non notarli. Conosci la Taranta e la Musica Gnawa?
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Alla prossima puntata con drinkfromlife!
Sara
Wow! Bellissimo questo tuo articolo, sono rimasta ipnotizzata dal racconto del tarantismo. Ne avevo già sentito parlare, ma mai in modo così dettagliato e interessante. E ho condiviso con te la strana sensazione dentro alla chiesetta alla fine del rito… Mi sembra di averla vissuta sulla mia pelle! Credo sia davvero molto importante portare avanti il ricordo di questi fenomeni e queste tradizioni; anche perchè il male di vivere non è affatto scomparso…
Ciao Valentina, sono contenta ti sia piaciuto! È un articolo che avevo nel cassetto da tanto e scriverlo è stato molto catartico. Nemmeno a farlo apposta ieri, riguardando il film Il Tè nel Deserto, The Sheltering Sky, ho riconosciuto dei rituali Gnawa. Il mio pensiero è, ovviamente, volato a questo psot che avevo appena scritto.
Riguardo il male di vivere sono d’accordo.
Davvero molto bello e interessante questo tuo racconto. Ammetto che non conoscevo affatto le origini della pizzica e ne sono rimasta affascinata. i dispiace solo che adesso la pizzica abbia perso il suo valore altamente simbolico e sia spesso considerata una danza solo folkroristica
Purtroppo è quello che succede spesso con diverse tradizioni, per questo è importante curare le radici, quando sono ancora benevole.
Sono contenta che ti sia piaciuto il blog post. 🙂
Beh, ti dico solo che sono nata a Galatina, ho amici e parenti lì ed è stata la mia seconda casa per 5 anni dato che ho frequentato l’Istituto d’Arte Toma
Però sono di un altro paesino molto vicino a Galatina ed ora abito a Padova.
Questa storia e la città la conosco bene, anche se sinceramente di alcuni dettagli non ero a conoscenza. Hai fatto proprio bene a farci un articolo così bello, hai raccontato tutto benissimo… brava!
Ciao Lucia, grazie per il feedback, da te ha doppio valore. Perchè sono tradizioni che conosci.
Diciamo che alcune informazione vado proprio a cercarle con il lanternino, è un lavoro che fa parte del mio cammino di ricerca. Ti aspetto in piazza a Galatina, allora. 🙂
Interessante e magico. Ho letto alcune cose su questa tradizione salentina, ma è molto più coinvolgente sentirne parlare per esperienza diretta. Farò un giro in Puglia questa estate e passerò anche da Galatina, perchè mi hai incuriosito.
Il Salento è una terra magica e questi ritmi tradizionali la rendono ancora più bella. Ho assistito alle “notti della Taranta” mentre ero in vacanza e ne ho un bellissimo ricordo.