Viaggio a Varanasi

Ph. Matteo Benegiamo

Ho tardato a scrivere questo post perché Varanasi rappresenta una tappa delicata del viaggio e una parte di me non se la sentiva di ricordare tutto…

Prima di partire verso la città sacra, io, mio fratello M. e G., incontriamo alla stazione di Delhi la mia amica cilena L. Ci vediamo per la prima volta dopo mesi di chat, entrambe calamitate a Varanasi dallo stesso progetto di volontariato.

Tutti e quattro ci rechiamo subito all’ufficio del turismo dove proviamo a fare i biglietti del treno per Varanasi ma, dato che sono finiti, proviamo con gli Emergency Ticket. Fortunatamente li troviamo, in sleeper class, la classe con i letti, per intenderci.

La vista dalla terrazza dell'Ufficio del Turismo

La vista dalla terrazza dell’Ufficio del Turismo

Partiremo il giorno successivo.

Alla vicina stazione della metro, L. ci spiega che possiamo salire in un vagone speciale per sole donne, in modo tale da viaggiare indisturbate e non essere… toccate nella ressa… I ragazzi salgono con noi, l’importante per loro è stare al limite dell’altro vagone misto. Nessuna delle passeggere però si lamenta, quindi rimaniamo tutti vicini.

Ci separiamo da L. per la notte, con la promessa di incontrarci poi alla stazione.

L’indomani salutiamo la squisita famiglia indiana che ci ha ospitati. Regalo alla padrona di casa un mandala che ho tessuto con la lana, spero che la proteggerà.

Quando arriviamo alla stazione di Delhi ci ritroviamo immersi in un vero e proprio delirio di gente e valigie. Tutti corrono affannati con improbabili bagagli, alcuni dalle dimensioni sproporzionate.

Non vediamo subito L., che non riesce a trovare il vagone, noi stessi per salire dobbiamo fronteggiare una ressa pazzesca. E quando finalmente ce la facciamo, alcuni passeggeri ci fanno notare che le carrozze sono state invertite e così dobbiamo cambiare posti, un’ altra ardua impresa…

Un ragazzo indiano, molto gentile, ci aiuta (nel frattempo L. ci ha raggiunti) e dopo si ferma a conversare con noi perché, ci spiega, siamo i primi occidentali che conosce.

Siamo in carrozza con gente povera, quasi gli ultimi della società indiana. L’ambiente è molto sporco e ci sentiamo a disagio. Proviamo a pulire i sedili con le salviette che diventano subito nere. Le mettiamo da parte visto che non esistono cestini e il ragazzo ci invita ingenuamente a gettarle dal finestrino, come se fosse naturale.

Qualcuno di noi risponde che non è giusto per l’ambiente… ma sembra non capire. Mi rendo conto che i passeggeri gettano tutto per terra e presto notiamo anche dei topi sgattaiolare nei corridoi. Siamo sconvolti e non ce la sentiamo di dormire, facciamo tutto il viaggio seduti. Il percorso è lungo e noi siamo stanchi ma uniti.

Chiacchieriamo, dormicchiamo uno appoggiato all’altra e ridiamo tanto dell’assurdità della situazione in cui ci troviamo. “Problemi” da occidentali… Arrivati a Varanasi percepisco subito un’energia potente, strana. Ho sognato tanto questo momento ma l’impatto è forte, schiacciante.

Ph. Matteo Benegiamo

Ph. Matteo Benegiamo

Un taxi ci porta subito ad Assi Ghat, dove ci attende la nostra amica J., con la quale avevamo viaggiato dall’Italia. Ci accoglie subito con il suo grande sorriso, con lei c’è sua sorella che con grande coraggio e fede ha dato vita al progetto per il quale siamo partiti, seguendo un sogno premonitore…

Subito siamo “catapultati” sulle rive del Gange, dove conosciamo le persone alle quali il progetto è rivolto, famiglie povere che vivono accampate in tende, quelli che in India sono chiamati Intoccabili, i reietti della società indiana. Esseri umani come noi.

… Sarà la stanchezza, l’energia del luogo, l’impatto con questa nuova realtà ma esplodo in lacrime davanti alla Mamma Ganga.

 Mamma Ganga

Non ho idea di cosa mi stia accadendo. Sono momenti intensi, che non dimenticherò mai. Durano pochi istanti ma sembrano interminabili.

Tuttavia la Vita chiama… G. si avvicina e mi abbraccia, mi asciugo le lacrime e salutiamo subito i nuovi amici per andare alla Syaram guesthouse, la nostra nuova “casa”.

Noi quattro, i nuovi volontari, abbiamo delle stanze comunicanti, piuttosto spoglie e fredde, con il bagno in comune. Siamo felici di stare insieme ma non abbiamo la minima idea di quello che ci aspetterà…

Nei giorni successivi cerchiamo di prendere confidenza con il progetto e le persone coinvolte, consegniamo il materiale e le offerte che alcune persone dal cuore grande ci hanno affidato dall’Italia ma, aimè, ci ammaliamo subito, beccandoci una fortissima dissenteria.

Nonostante la nostra buona volontà non riusciamo a riprenderci, le nostre condizioni sono pessime e il condividere le camere in questo stato non ci aiuta, ognuno è solo, in preda al suo vissuto e ai suoi malumori, anche se ciascuno cerca di fare il meglio. Ma siamo esseri umani e la situazione è pesante.

Inoltre la povertà della città brucia negli occhi, nel cuore e nella pancia nonostante abbiamo la fortuna di assistere a scene di struggente bellezza.

Scena di Vita

Quelle poche volte in cui mi sento un pochino meglio cerco di andare sul luogo del progetto e di conoscere le famiglie e i bambini… mi colpiscono i loro sorrisi, nonostante non abbiamo proprio nulla e mi rendo conto della disparità tra questa fetta di mondo e il nostro “universo” occidentale.

I bambini sono splendidi, vogliono sempre stare in braccio, chiedono ed offrono abbracci… alcuni vivono per strada ma, se devo essere sincera, sembrano molto più felici di molti di noi che hanno tutto… non so se felicità sia la parola adatta ma sono forti e dotati di una resilienza pazzesca. Sorridono questi piccoli uomini e queste piccole donne che sicuramente hanno tanto da insegnare a noi che arriviamo lì credendo forse di sapere tutto ma che in realtà non capiamo nulla, almeno parlo per me.

Ph. Matteo Benegiamo

Ph. Matteo Benegiamo

A Varanasi vedo la Vita in tutte le sue forme, nella totale bellezza e bruttezza. Vita e Morte si intrecciano e danzano insieme, oltre ogni dualità.

Varanasi è cruda e divisoria: la ami o la odi. Non prevede mezze misure e ipocrisie perché tutto è a vista, non ti puoi nascondere.

Burning Ghat

Ti schiaffeggia per poi donarti incantevoli sorrisi.

Ph. Matteo Benegiamo

Ph. Matteo Benegiamo

Cerco di creare delle piccole isole di pace nelle mie giornate, quando mi sento di lasciare il letto, andando a lezioni di yoga e tabla, ma presto mi rendo conto di essere incappata in trappole per turisti, così dopo qualche lezione abbandono. Secondo il mio simpatico maestro di tabla sono già bravissima dopo la prima lezione e questo contribuisce a insospettirmi…

Ma c’è un posto nel quale mi sento profondamente a mio agio, oltre alle rive della Mamma Ganga, è l’ashram del Kriya yoga. Qui regnano pace e silenzio e sono grata e G. per avermi portata qui. Mediamo a lungo in questo posto, rigenerandoci dalle fatiche emozionali. conversiamo con con il “custode” e assistiamo ad una piccola puja.

Babaji

… In quei giorni assisto a diverse cerimonie della puja, una in pompa magna, altre più piccole e intime.

Ph. Matteo Benegiamo

Ph. Matteo Benegiamo

Piano piano prendo confidenza con la città, sia da sola che in compagnia. Conosco tanta gente, che non rivedrò mai più, che mi è stata compagna per qualche istante o per qualche ora, che adesso chissà cosa starà facendo…

Una sera in cui mi sento sola e triste vago lungo il fiume sacro e, dopo una cerimonia per me particolarmente toccante, incontro, per caso, due bambini del progetto che si siedono subito con me sulle rive del fiume inondandomi di Amore…

Qualche giorno dopo, inaspettatamente, mio fratello mi dice che ha deciso di andarsene prima del previsto con L., direzione Nepal.

Decido di rimanere a Varanasi e le nostre strade si dividono. E pensare che sognavo di fare questo viaggio insieme ma si sa… in India tutto è possibile e niente è certo e tutto può cambiare in un istante, inutile fare programmi.

Mi sono preparata per mesi per il progetto eppure, per la maggior parte del tempo, non ho la forza di reggermi in piedi. Il corpo è debole quasi non riuscisse ad assimilare e contenere tutto, le emozioni sono forti.

Dopo qualche giorno dall’annuncio di mio fratello, io e G. ci rendiamo conto di non farcela più, dopo tre settimane non ci sentiamo ancora bene e non ci sentiamo utili, così decidiamo improvvisamente di lasciare Varanasi.

In agenzia, dove andiamo per fare i biglietti, incontriamo, a sorpresa, il gestore della scuola di musica che abbiamo frequentato e un ragazzo australiano che avevamo conosciuto lì. Com’è piccolo il mondo!

Tuttavia non possiamo lasciare la città senza concederci una gita in barca sul Gange, per salutare il luogo che ci ha ospitati.

Scivolando sul Gange

Scivolando sul Gange

Dopo una lunga contrattazione, saliamo a bordo di una piccola barca. Il barcaiolo ci guida lentamente sul fiume, portandoci anche sulla grande spiaggia che si trova sul lato opposto. Decidiamo di scendere per fare una passeggiata.

Sabbia...

Sabbia…

Camminiamo sereni ma, all’improvviso, dei locali ci fermano per farci desistere… dicono di non spingerci troppo all’interno… potremmo trovare la morte… siamo perplessi.

Ci guardiamo per un attimo negli occhi non sapendo cosa fare ma decidiamo di andare avanti. Dopo qualche passo però sentiamo di tornare indietro dal barcaiolo e continuiamo il giro in barca, godendoci la pace di quelle acque sacre.

Alla fine di questa tappa porto nel cuore: i sorrisi dei bambini, delle donne e degli uomini che dovevamo aiutare (anche se alla fine abbiamo fatto poco, purtroppo), la loro forza, la loro luce interiore che voleva brillare decisa, nonostante tutto. Le acque misteriose del Gange, le mie lacrime di “pulizia”.

Tutte le persone che ho incontrato e che, bene o male, mi hanno fatto vedere qualcosa di me stessa. Lo spettacolo infernale e affascinante al tempo stesso dei burning ghat… l’accoglienza che abbiamo ricevuto in un ashram vicino al main burning ghat, dove abbiamo ascoltato dei canti sacri.

Il buonissimo lassi che ho assaggiato in luoghi diversi. E poi l’allegria che mi trasmetteva Pradeep della guesthouse, nonostante i suoi occhi tristi ( “Tu sei la mia Babi!”), la preparazione della cena di Capodanno, quando mi sono ritrovata nella camera di una coppia di coniugi indiani a spellare aglio con la moglie, sul suo letto, e non potevamo comunicare se non attraverso timidi sorrisi e sguardi di simpatia.

E poi la cena che è finita presto perché a nessuno importava di aspettare la mezzanotte… E io e G. che siamo finiti in terrazzo con Pradeep e un suo amico che fumavano orribili sigarette seduti su coperte puzzolenti, come quelle che usavamo per dormire sui sacchi a pelo nella fredda ma economica stanza.

La serata di commiato in camera delle nostre amiche argentine, dove abbiamo fatto il punto della situazione, in un’atmosfera rilassante.

Ci vorrebbe un libro solo per raccontare questa tappa del viaggio, difficile da condensare in poche righe… e altri libri per raccontare le storie delle tante persone che ho incontrato, vite intrecciate alla mia, parte di un’unica Vita.

E chissà… forse un giorno lo scriverò.

moi

Namaste!

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