Gubbio: una passeggiata pomeridiana

Gubbio: una destinazione che conoscevo solo di passaggio. Fino a qualche giorno fa.
Il bello dei viaggi non troppo strutturati è questo: parto credendo di visitare solo un luogo, poi mi ritrovo a fare anche altro, vivere esperienze improvvise quanto autentiche. Ho avuto l’opportunità di visitare Gubbio in occasione del mio ultimo viaggio a Urbino e Pesaro. Quando sono stata invitata a visitare la città di San Francesco e il lupo (forse conoscete la storia del lupo che terrorizzava Gubbio e fu ammansito gentilmente dal santo) ho colto l’opportunità al volo, ho detto sì.
Prima tappa a Gubbio: Basilica di S. Ubaldo
Un’oasi di silenzio, una dimensione sospesa che svela un paesaggio incantevole, delicato, dai colori tenui, dalle dolci alture del Monte Ingino. Varchiamo il portale d’ingresso per ritrovarci in un piccolo chiostro, con al centro un pozzo fiorito. Alcune suore gironzolano leggiadre, nei loro abiti sacri. Entrando nella Basilica mi sento investita dal suo misticismo. Un’amica marchigiana mi chiama per indicarmi i ceri che vengono utilizzati per la tradizionale processione.
La Festa dei Ceri è molto antica, si svolge ogni anno e non si ferma dal XII secolo. Sembra che si tratti di una festa precristiana, poi soppiantata dal cristianesimo, per la dea Cerere, in concomitanza con la primavera. Secondo Herbert M. Bowern antropologo inglese, i Ceri di Cerere testimoniavano il culto legato allo Spirito dell’Albero.
Tuttavia è celebrata come festa cattolica per via di S.Ubaldo Baldassini, il patrono di Gubbio, noto per le sue doti taumaturgiche e la capacità di scacciare via gli spiriti negativi. Trovo molto interessante osservare l’evoluzione di riti e celebrazioni, che conservano un filo di connessione legato alla spiritualità, al sacro, alla guarigione.
I ceri, in legno, pesano complessivamente ben 300 kg e vengono trasportati (con non poca fatica e qualche malore) a spalla dagli uomini, durante la processione annuale, verso la Basilica. In cime vengono inserite, rispettivamente, le statue di San Ubaldo, San Giorgio e San Antonio Abate.
Seconda tappa: ho rischiato di prendere la patente da matta!
Non è facile lasciare un posto immerso in un paesaggio di così straordinaria e semplice bellezza, ma sono abituata a dire addio. Sono stati i viaggi, gli eventi della vita ad insegnarmelo.
Ci muoviamo in macchina, per poi lasciarla a Gubbio al parcheggio, a pagamento, del Teatro Romano che potete visitare (io non l’ho fatto perché ero in gruppo e mi sono adattata). Da lì ci incamminiamo, lentamente, nei vicoli ben curati e fioriti del centro storico, noto anche per essere stato il set della celebre serie Don Matteo.
Mi lascio guidare dal piccolo gruppo di parenti e amici che ci sono già stati: a turno mi raccontano aneddoti interessanti. Passiamo davanti la Fontana del Bargello: tre giri in presenza di un eugubino (così si chiamano gli abitanti di Gubbio) ed è possibile ritirare la patente dei matti! Dove? Nei negozi vicini, al modico prezzo di tre euro. Mi rifiuto, sono già matta patentata di mio. Ci sono degli asinelli lì vicino, mi ritrovo a rifiutare, gentilmente, una foto con loro. Non amo lo sfruttamento degli animali, così introiettato nella nostra cultura da sembrare normalità, non li considero attrazioni turistiche.
Terza tappa: Porte dei Morti e Piazza Grande
Poco dopo mi viene fatto notare un palazzo con tre porte, una principale e due più strette ai lati, di cui una murata. Sono le porte dei morti, molto diffuse in zona, servivano a far passare il morto che non poteva uscire da casa, con la bara, dall’ingresso principale.
Continuiamo a muoverci a piedi, costeggiando negozietti di tartufi e salumi, ma anche di artigianato e souvenirs, fino ad arrivare a Piazza Grande, una vera e propria piazza pensile, e meravigliarsi uno splendido panorama umbro. Mi sento benedetta dalla bellezza che vedo, mi attraversa, sono inzuppata in essa. Noto un trenino turistico che propone giri per Gubbio, con audio-guida: se non avete voglia o non potete camminare tenetene conto.
In piazza si erge, fiero, il Palazzo dei Consoli che ospita il Museo Civico. Scopro che si tratta del primo, in Italia, a ricevere l’acqua corrente! Un bel primato per Gubbio. Inoltre, impossibile non notare il Caffè Ducale, dove Don Matteo e Cecchini si vedevano. Il loro tavolino è ancora all’esterno, per soddisfare la curiosità degli estimatori.
Quarta tappa: la Cattedrale
Cammina cammina, in questo luogo intriso di storia, e storie, arriviamo agli Orti della Cattedrale. In passato, quando i canonici vivevano qui, gli orti facevano parte della loro residenza. Questo luogo è anche punto di arrivo degli ascensori della città, in modo tale che tutti abbiano la possibilità di raggiungere la Cattedrale, il Palazzo Ducale e il Museo Diocesano.
La Cattedrale invita naturalmente, al suo interno, al silenzio, alla preghiera e alla contemplazione. Mi chiedo perché sia finita proprio da San Ubaldo e trovo la mia risposta davanti al dipinto di Benedetto Nucci che lo raffigura. Mi colpisce la sua storia, il lato umano, perché non ha una vita semplice fin da bambino. Perde i genitori e viene preso in custodia dallo zio che non rispetta, successivamente, la sua volontà di condurre una vita ritirata. Gli permette, invece, di fare vita canonica. Crescendo si distingue per la sua capacità umana di dominare situazioni ardue e le sue doti taumaturgiche.
Era un guaritore, un esorcista.
Un’altra presenza, nella Cattedrale, mi cattura: la statua della Madonna Nera, precisamente la Madonna di Loreto. Le statue di Madonne Nere si trovano, per la mia esperienza, sempre in punti particolari. L’ultima volta che ne ho visto una era in un luogo naturale sperduto in Catalogna, in un punto di svolta della mia vita. Percorro le navate luminose ed esco.
Poco dopo costeggiamo il Museo dei Mestieri in Bicicletta: senza dubbio, per conoscere bene Gubbio un pomeriggio lungo non basta. Quello che vivo io è solo una cartolina, sufficiente per farmi venire la voglia di tornare ed aggiungere altri tasselli.
Quinta tappa: il Giardino Pensile
Uscendo dalla Cattedrale di Gubbio, da un lato si può scendere a vedere la botte da vino in legno più grande d’Europa. Dall’altro si prosegue verso il Giardino Pensile e da lì mi sono rigenerata con il paesaggio sottostante. Si tratta del giardino ducale, dove si svolgeva parte della vita di corte e, quindi, importante per il suo svolgimento.
Non c’è molto da fare qui, se non fermarsi a respirare, lasciarsi inondare dalla bellezza di quello che si dispiega davanti agli occhi, sentirsi parte di questo incanto. E, in realtà, non è poco. A questo punto, noi torniamo indietro a recuperare un elemento del gruppo agli Orti della Cattedrale, non c’è altro modo altrimenti. Ma voi potete continuare e vedere la Botte al posto mio.
Tappa gelato
Scendiamo con l’ascensore, fermandoci nei negozietti di souvenirs per acquistare delle statuine di San Francesco con il lupo, a 6 euro, e calamite con la scritta Pace e Bene; perché mio padre si chiama Francesco e mio nonno salutava spesso così quando entrava nei luoghi.
Ci penso spesso quando, in Marocco, odo le persone salutarsi con As-salamu alaykum: che la pace sia con te. Lo trovo meraviglioso. Dovremmo allenarci di più a trovare i collegamenti, scopriremmo che non siamo poi così diversi e facciamo realmente parte di un’unica famiglia. Ma a parlare così si viene presi per matti ed io la patente non l’ho presa.
Ci fermiamo a prendere un gelato nella piccola gelateria e yogurteria L’Arte Golosa, in via dei Consoli, grazie ad un consiglio, su richiesta, da parte della signora che ci ha venduto i souvenirs. Così chiudiamo la nostra piccola gita, uscendo lentamente da questo gioiello medievale, continuando ad ammirarne le bellezze ad ogni passo. Per ulteriori informazioni è possibile consultare la sezione turistica del sito ufficiale di Gubbio. Arrivederci Gubbio! Non ho ancora visto tutto, tornerò. Alla prossima puntata con le avventure colorate di drinkfromlife!
Sara