Etica della fotografia di viaggio

Credit Dariusz Sankowski, Unsplash

 

Per chi sceglie di viaggiare consapevolmente è doveroso affrontare l’argomento che riguarda l’etica della fotografia di viaggio.

Grazie ad internet e la diffusione delle compagnie low cost, il numero di persone che viaggiano è aumentato esponenzialmente, negli ultimi anni. Il web ci permette di avere accesso istantaneo alle informazioni, accorciare le distanze e semplificare il processo del viaggio, da diverse prospettive. Senza tralasciare il prezioso passaparola, reale, tra viaggiatori, per quanto riguarda il web, prima i forum, poi i blog di viaggio e, successivamente, i social – attraverso i quali è possibile condividere informazioni e racconti di viaggio – hanno ispirato tantissime persone a muoversi. Inoltre, l’accesso a smartphone, creati con tecnologie sempre più sofisticate, ha reso il processo fotografico, con i suoi pro e contro, un qualcosa alla portata di chiunque.

smartphone

Credit Jimmy ChangeXg, Unsplash

Raccogliamo informazioni velocemente, viaggiamo velocemente, scattiamo velocemente e postiamo velocemente. La velocità caratterizza la nostra epoca e già una moltitudine si è resa conto di quanto sia importante rallentare, da ogni punto di vista. Essendo una viaggiatrice old school e amando realizzare reportage di viaggio, unendo la scrittura alla fotografia di viaggio da smartphone, il mio approccio è molto cambiato con il passare del tempo, si è evoluto. Così il modo di condividere. Non è necessario essere un fotografo professionista per affrontare l’argomento dell’etica della fotografia di viaggio, perché dal momento in cui fotografiamo e postiamo, ci riguarda tutti (anche chi non viaggia in grandi linee).

Etica della fotografia di viaggio: informarsi prima della partenza

Di buona norma, chi viaggia consapevolmente prende informazioni sul paese ospitante, prima della partenza. Non è tanto importante conoscere a menadito ristoranti e luoghi instagrammabili, quanto informarsi, almeno in grandi linee, riguardo usanze e tradizioni. Ci sono luoghi del mondo in cui la gente non ama essere fotografata, come in Marocco. Mentre altri in cui le persone fermano per strada i viaggiatori, perché hanno il piacere di scattare un selfie insieme, come in India. Anche a me darebbe fastidio essere fotografata, mentre la mia immagine, a mia insaputa, viaggia nell’etere, in tutto il mondo.

In alcuni luoghi, come in India, le persone chiedono di essere fotografate, ma mi sono chiesta se questo questo ci autorizzi comunque a postare le loro fotografie sui social. Facciamo l’esempio che un turista venga a Galatina, nella mia città pugliese, ed abbia piacere di scattare una foto insieme. Mi chiede il permesso ed io accetto. Ma il permesso, da parte mia, è stato dato per scattare quella foto, non implica anche il permesso a postare. Mi è successo realmente qualcosa di simile.

Chiedere il permesso prima di scattare una fotografia a qualcuno è buon costume tra chi viaggia responsabilmente

Accorciare le distanze in tutti i sensi, avvicinarsi, scambiare quattro chiacchiere, incontrarsi. Ecco che la fotografia diventa una conseguenza, assume così un valore diverso. Un valore.

Il permesso alla fotografia non basta se la persona non sa che la sua immagine finirà sui social o altrove

Questo lo abbiamo fatto tutti, o quasi, peccando d’ingenuità, presunzione, chissà di cosa. Scattare una bella foto a qualcuno e postarla, dando per scontato che questo sia ok. Ma nel momento in cui ce ne rendiamo conto, nell’istante in cui l’informazione arriva e facciamo finta di nulla allora è un’altra cosa. Anche questo è un percorso di riflessione e crescita. Anch’io, in passato ho fotografato e postato. Fortunatamente ci evolviamo.

Impariamo dai fotografi professionisti e consapevoli

Considero la fotografia uno strumento potente, al quale mi sono approcciata fin da piccola, a livello amatoriale, per via di una passione diffusa tra vari membri della mia famiglia. Scrivendo rapporti di viaggio e postando anche sui social, è diventato necessario corredare la mia scrittura con fotografie. Utilizzo la fotografia per i miei lavori, ma non sono una fotografa. Sono a contatto con diversi fotografi professionisti che stimo ed ho seguito alcuni workshop, nel corso degli anni, per allegare almeno delle foto dignitose ai miei racconti di viaggio. L’approccio comune, dei fotografi rispettosi, in previsione di un lavoro fotografico, che prevede una pubblicazione, è quello di avvicinarsi a parlare con le persone. Poi chiedere il permesso di scattare le foto e far firmare una liberatoria. Rendere i soggetti ispiranti, in qualche modo, partecipi del lavoro. Molti danno anche una piccola somma perché quella persona sta comunque prestando la sua immagine per la tua mostra o qualsiasi cosa tu stia realizzando.

Privacy

Il discorso della privacy è argomento sensibile e non può essere sottovalutato. Inoltre, chi ci dice che scattando e postando, senza informare, non creeremo problemi a quella persona? Magari non voleva far sapere pubblicamente dove si trovava?

Ispirazioni creative per una fotografia rispettosa

Alcune idee per fotografare in modo rispettoso, se non abbiamo tempo di avvicinarci e chiedere il permesso:

  • Fotografare le persone di spalle
  • Fotografare le persone da lontano
  • Giocare con le ombre e mostrare solo le sagome
  • Scattare solo a particolari del corpo: mani, piedi, un particolare dell’abito
  • Non mettere a fuoco il viso

Ho trovato molto ispiranti gli scatti di questo fotografo:

Gli scatti di Cottonbro, su pexels.com, sono molto rispettosi ed originali. Li riconosci, hanno la sua impronta. Ne approfitto per invitare ad inserire sempre i crediti ai fotografi, è un modo per ringraziare e riconoscere il loro lavoro, anche quando mettono gratuitamente a disposizione le loro fotografie.

Ho già scattato e postato, che faccio?

Questo può essere un dilemma. Posso dirvi quello che ho fatto e sto facendo con i lavori passati: ho rimpicciolito le foto come in questo articolo sul Baba di Arambol e le ho lasciate come reperto (infatti la qualità è pessima). Perché sono passati così tanti anni, le persone inoltre non avranno più quelle sembianze ed i volti sono sfocati. Ho archiviato molti post su instagram, così ho lasciato solo poche foto con i volti. La persone, nel frattempo, sono cresciute, l’aspetto è cambiato o comunque mi avevano dato il permesso.

Il rispetto è qualcosa che dobbiamo affinare a livello umano, applicabile in ogni campo

Ho visto un reportage fotografico molto impattante e di grande interesse, sui social. Tra i commenti, oltre ai vari complimenti, alcune persone chiedevano, gentilmente, al fotografo quale fosse stato il suo approccio con i soggetti, se avesse chiesto loro il permesso. La risposta è stata più o meno questa:

Ho realizzato un reportage che permette di conoscere una realtà altrimenti sconosciuta, non ho bisogno del permesso. Diversamente voi non sareste venuti a conoscenza di tutto questo, fa parte del mio lavoro.

Passione per il proprio lavoro? Presunzione?

Non lo so, a me non ha risuonato come motivazione. Avere la possibilità di fare una cosa ci mette in una posizione di potere, sta a noi, alle nostre coscienze, decidere se e come usarlo. Questo articolo Etica della fotografia di viaggio desidera essere uno spunto di riflessione gentile, per una comunicazione rispettosa a tutti i livelli. Non intendo giudicare, siamo tutti in cammino.

Alla prossima puntata con drinkfromlife,

Sara

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Sara

Anima vagabonda, amo aggirarmi nelle medine arabe, nei templi indiani, nei borghi salentini o deserti sperduti nel mondo a sentimento, collegata con la Terra e il Cuore. Mi trovi anche sul progetto Sahara View Tours.

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