Alla scoperta della Maqluba, piatto tipico palestinese

Credit Pexels, Meruyert Gonullu

 

Maqluba, o makuba/maqloubeh, è una parola araba, correlata ad una pietanza, che significa rovesciato, ribaltato, caposotto.

Le pietanze sono importanti non solo per il nutrimento fisico, ma perché possono raccontare delle storie. E condurci gentilmente alla scoperta dell’altro, oltre le apparenti differenze che, in realtà, sono preziose (ciascuno scopra perché studiando e sperimentando). Il cibo è anche un veicolo di popoli, culture, storie di esseri umani. Racconti che, come pezzettini di un puzzle, contribuiscono a comporre la grande storia dell’Umanità. È molto importante rendersi conto che dietro un semplice ingrediente di uso quotidiano, che noi magari diamo per scontato, si celano memorie uniche. Correlate ad antiche rotte carovaniere, avventure, luoghi del mondo lontani da noi, geograficamente e non solo.

Tornando alla maqluba: si tratta di un piatto levantino, tipico della cucina palestinese, in particolare della Palestina Centrale. La cucina palestinese è molto varia, le sue ricette riflettono la molteplicità, bellezza e patrimonio immateriale di un territorio ora ferocemente distrutto. La maqluba si presenta come un timballo a base di riso, verdure (come il cavolfiore o la melanzana) e carne, solitamente di agnello. Simile ad un’altra pietanza chiamata mansaf (mansaf viene spesso considerato piatto nazionale della Palestina) parola che significa invece grande vassoio, si differisce da esso per la cottura. Ma anche per via della straordinaria presentazione che suscita sempre un moto di gioia nelle persone che vi assistono. Persino in situazioni estremamente critiche, per esempio sotto i bombardamenti a Gaza (prima dei giorni apocalittici di dicembre), il mondo ha visto – attraverso i social – che la maqluba è comunitaria, unisce le persone, strappa un sorriso, facendo respirare per un attimo il cuore.

Il procedimento è semplice, ma richiede comunque sapienza ed attenzione, durante le varie fasi. Le ultime sono queste:

Photo Credit Pexels, Meruyert Gonullu

Origini

Le origini di questa pietanza sono molto antiche.

Sembra risalgano ai tempi in cui, il venerdì – giorno sacro nell’Islam – alcune famiglie benestanti donavano del cibo ai poveri. Per questo versavano tutti gli avanzi in un tegame che veniva poi capovolto, in modo scenografico, su un vassoio per creare un momento speciale.

(Fonte, Giovani Palestinesi).

Non solo maqluba

La tradizione culinaria palestinese, ricordiamo che a sua volta è inclusa in quella levantina, è molto antica e preziosa. Oserei dire anche resistente.

Essa contiene le tracce dei popoli con cui, nel corso dei secoli, è entrata in contatto. Inoltre è molto versatile e diversi piatti sono a base vegetale e perfetti per noi vegetariani o vegani. Ricordo molto bene, come fosse ieri, che in India, quando volevo prendermi una pausa dal cibo super speziato, mi fermavo spesso nei baracchini di cibo palestinese, a consumare hummus e falafel. Questo semplice e gustoso accostamento di pietanze è diventato, in poco tempo, il mio preferito al mondo. Doni dell’India, dove vai, trascorri qualche mese e incontri il mondo.

Ma scopriamo altri piatti tipici della cucina palestinese:

  • Mansaf, citato sopra, ha origini beduine e della zona di Hebron. A base di di pane, riso, carne di agnello, accompagnato dal jameed (yogurt di capra).
  • Musakhan, a base di pollo, con pinoli, zafferano cipolle è molto amato soprattutto in Cisgiordania (West Bank).
  • Mujaddara, a base di lenticchie, riso, cipolle fritte con olio d’oliva.
  • Hummus e falafel, ossia purè di ceci con polpette di ceci fritte (hummus significa, infatti, ceci).
  • Mutabbal Batinjam, crema di melanzane profumate.
  • Baba Ganush, detto anche caviale di melanzane
  • Fool, purè di fave.
  • Maftul, ossia il cuscus nella versione palestinese.
  • Dawali, involtini di foglie di vite ripieni di riso e carne.
  • Kufta, una pietanza a base di carne macinata.
  • Fatayer, panzerotti ripieni di verdure (spinaci), formaggio, carne.
  • Sfiha, impasto a base di carne.
  • Bamia, verdura cucinata in brodo di carne. Viene mangiata con il riso.

Me ne sono persa qualcuno? Ci sarebbe così tanto da approfondire…

L’umano arriva dove arriva l’amore; non ha confini se non quelli che gli diamo.

Italo Calvino

Curiosità : la carne halal

Poiché i palestinesi sono, in maggior percentuale, musulmani e tra gli ingredienti di alcune pietanze palestinesi, come la maqluba, c’è la carne, ricordiamo che quella consumata dai musulmani deve avere la certificazione halal. Magari avrete notato, in Italia, le macellerie halal. La dicitura religiosa carne halal indica che la macellazione avviene in modo rituale. Questo significa, in tale contesto, che essa si svolge seguendo le linee guida presenti nella Sunna (il codice di comportamento islamico). L’animale, che deve essere in piena salute, viene isolato dagli altri, per non farlo spaventare. Inoltre, prima della macellazione rituale, viene pronunciato Bismillah, in nome di Allah. Il nome di Allah viene pronunciato su ogni animale.

Non viene stordito, come nella macellazione tradizionale: la macellazione halal è, appunto, un rituale in cui l’animale è benedetto e la carne viene purificata anche dal sangue (e sappiamo che il sangue contiene anche tossine, prodotti metabolici, tossine) prima di essere mangiata. Chi ha assistito mi ha raccontato che tutto avviene nella massima calma. Ho avvertito, nonostante tutto, una forma di riguardo. A dispetto di quello che avviene negli allevamenti intensivi e la disinformazione riguardo questo tipo di macellazione (e non solo).

Personalmente, se proprio dovessi tornare a mangiare carne, sceglierei quella halal… Per il momento resto felicemente vegetariana, dal 2009.

Conclusioni

Nonostante questo non sia un blog di cucina trovo interessante, talvolta, conoscere il cibo dal mondo e le storie che racchiude. Dopotutto anche questo è un modo di viaggiare, riflettere, conoscere. Ringrazio chi mi ha parlato, con tanto entusiasmo e cura, di questa ricetta della sua amata terra. E senza saperlo, ispirata a scrivere questo articolo.

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Alla prossima puntata con DrinkFromLife e…

Stay human!

Sara Chandana

 

Sara

Anima vagabonda, amo aggirarmi nelle medine arabe, nei templi indiani, nei borghi salentini o deserti sperduti nel mondo a sentimento, collegata con la Terra e il Cuore. Mi trovi anche sul progetto Sahara View Tours.

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