Direzione Jaisalmer – Il mio Rajasthan

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Lasciamo Pushkar insieme a una combriccola di nuovi amici, incontri nati e scanditi da tè e caffè al chai shop nella piccola piazza

Un giorno due amici francesi, Mathieu e Thomas, esprimono a me e Gio la loro voglia di spostarsi a Jaisalmer, l’ultima città indiana prima del Pakistan. Ci guardiamo negli occhi: “Veniamo anche noi!”.

Si aggregano anche Matteo, italiano dalla barba folta e gli occhi dolci e Laura una francesina sprint che viaggia da sola in India. Al momento della partenza saliamo tutti insieme sul nostro bus notturno. Abbiamo le cuccette vicine, purtroppo siamo alla fine del veicolo, sulle ruote.

Io e Gio ci sistemiamo in una cuccetta doppia. Adagiamo sopra il materasso un lenzuolo pulito che ci siamo portati perché le cuccette indiane sono luride. Quasi sempre. Verso alcune gocce di tea tree oil per disinfettare e profumare il nostro giaciglio. Con noi anche i sacchi a pelo, non abbiamo intenzione di congelare per via degli spifferi dai finestrini.

Trascorriamo una notte da incubo, l’autista adatta una guida spericolata, la strada è malconcia e per noi è come stare in un frullatore mentre gli indiani sono tranquilli. Qualcuno addirittura dorme per terra come se niente fosse! Come fa, la mente occidentale, a non andare in tilt davanti a scene come questa? Per fortuna…

Non conto le volte in cui la mia testa sbatte sul soffitto del bus! Ogni tanto mi sporgo verso la cuccetta doppia di Mathieu e Thomas per vedere come stanno e scoppiamo a ridere tra una botta e l’altra per le nostre buffe espressioni. Troviamo sollievo sedendoci per un po’ avanti con gli autisti. Di solito sui bus c’è un largo sedile per chi guida e altri seggiolini così oltre chi lavora a bordo, si possono sedere altre persone.

L’India è generosa, c’è sempre posto per tutti.

A volte, durante i lunghi viaggi, chiedo all’autista di turno di fermare il bus per fare pipì, di solito la risposta è sempre l’open toilet: fare pipì a cielo aperto, dove capita. Ho imparato a farla nei posti più assurdi, anche per strada, anche nei villaggetti di sabbia del deserto, sperduti nel nulla.

Come siamo finiti a viaggiare con i due ragazzi francesi?

L’incontro con Mathieu e Thomas è stato incredibile. Ricordo la prima volta in cui li ho visti a Pushkar, al Sunset, il punto di ritrovo hippies al calar del sole.

Il battito delle percussioni scandisce, ogni giorno, il movimento quasi impercettibile del disco di luce che si scioglie al tramonto, sospeso sul lago sacro. I musicisti del deserto con i loro baffi pettinati cercano di vendere ai turisti degli strumenti musicali rudimentali a prezzi esorbitanti, buoni solo da appendere al muro.

Le zingare – amo questa parola, zingara – vendono cavigliere e camminano con bambini in braccio. Dicono che sono loro figli, pure se sono i cugini o i fratellini. Forse non mentono perché sono i figli della comunità. Mathieu strimpella con maestria la chitarra duettando con un uomo dai tipici baffoni rajasthani, gli occhi rapaci e lo strumento tipico, la ravanahatha, una sorta di violino dal suono ipnotico.

Thomas osserva in disparte, dolce. Qualche ora dopo, io e Giovanni attendiamo la cena sulle sedie polverose di un chiosco di falafel – quelle sedie indiane di plastica beige – sulla strada del bazar. Giovanni strimpella il mio ukulele, che suona solo lui, per la gioia dei ragazzi del baracchino.

In India anche una catapecchia leggermente più curata delle altre diventa un ristorante a 5 stelle…

Falafel golose da 130 rupie. Un euro corrisponde a circa 72 rupie.

Arrivano i ragazzi francesi. Proprio lì. Sbocciano le prime chiacchiere dai petali gentili e la mattina dopo siamo già un quartetto affiatato che s’inerpica sotto il sole del deserto su una piccola collina. Qui si trova il tempio di una divinità di cui non ricordo più il nome.

Due bambini del deserto si avvicinano e ci diamo un appuntamento per la discesa. Durante il tragitto incontriamo scimmie quiete, scoiattoli giocosi e muli stanchi utilizzati per trasportare materiale di costruzione in cima. Ci chiediamo perché, al posto degli animali, non venga utilizzata per il trasporto la funivia fantasma.

Quando scendiamo i piccoli amici sono lì ad attenderci. Regalo la mia sciarpa preferita, rosa, alla bambina che la indossa felice come una regina sventolandola al vento e annunciando a tutti che sono sua sorella. Dico che è vero. Lei e il suo fratellino percorrono un pezzo di strada con noi, tenendoci, a turno, per mano.

Poco prima una bionda turista aveva schivato, quasi inorridita, questi bambini. Mathieu e Thomas si lasciano abbracciare da loro, prendere per mano. Nessuno di noi offre loro una rupia per liberarcene o per pietà. Qualcuno di noi li invita a mangiare ma rifiutano. Sono sporchi, hanno i pidocchi, sono insistenti.

Sono bambini.

I ricordi mi cadono addosso come una pioggia battente e, senza sapere perché, racconto a Thomas del viaggio in India 2 anni prima, del volontariato a Varanasi, dei bambini e delle bambine di Assi Ghat. Eravamo andati lì per via di un progetto con gli intoccabili, gli emarginati dal rigido sistema di caste indiane, guidato dalle nostre amiche Jaqui e Jesumiel.

Thomas sgrana gli occhi stupito. Mi dice, emozionato, che due giorni prima lui e Mathieu erano proprio lì! Non ci posso credere, si sta sbagliando… Invece è proprio così. Questo incontro è un altro dono dell’India. Un incontro speciale, collegato al Salento, all’Argentina, alla Francia, all’amicizia, all’amore senza barriere.

A pranzo ci scattiamo una foto da mandare a Jaqui e Jesumiel. In India, più che in altri luoghi, ti rendi conto che la vita è magica, che tutto è collegato. I nostri incontri forse sono il frutto della tessitura di una mano invisibile o, forse, veniamo scagliati nel Tutto e ci attiriamo tra noi come calamite.

L’arrivo a Jaisalmer

Arriviamo a Jaisalmer a pezzi, dopo il rocambolesco viaggio. L’autista di un risciò offre un passaggio gratis in città. Vuole farci vedere una guesthouse, senza alcun obbligo di rimanere se non ci piace. Accettiamo fiduciosi e stanchi e facciamo bene, nonostante questo sia sconsigliato da una celebre guida.

In pochi minuti ci ritroviamo sui bastioni del Forte di Jaisalmer, che si erge come un castello di sabbia nel deserto. Davanti ai nostri occhi si srotola la città, le case piccine, il deserto che circonda tutto. Guardo i volti dei miei compagni di viaggio, sono stanchi e mi fanno da specchio.

Il proprietario della guesthouse insiste per offrirci da bere, prima di vedere le camere. Risciò e colazione gratis: le nostre menti occidentali sono incredule. In India come viaggiatori abbiamo impiegato tutto il tempo a tentare di non farci fregare e a Jaisalmer ci accolgono in questo modo chiedendo in cambio solo di essere visti…

La gente del deserto sembra diversa…

Le camere non vanno bene per noi. Siamo imbarazzati, non sappiamo come dirlo, ma alla fine sono loro stessi a proporci un altro posto. Ci permettono di lasciare gli zaini. Quanta ospitalità! Andiamo a piedi dove ci hanno indicato e lì scopro che c’è la possibilità di lavorare in cambio di vitto e alloggio. Registro nella mia mente l’informazione.

Non ci sono abbastanza camere ma c’è un dormitorio dove si può stare per 60 rupie. Sono pochissimi centesimi ma è troppo sporco per i nostri gusti, le federe dei cuscini sono nere. Alla fine troviamo un posto molto carino e pulito, in un vicolo stretto. Solo Laura decide di dormire da un’altra parte ma a pochi passi.

Siamo approdati in una città incantata e dormiamo all’interno del Forte in un posto bello e pulito in confronto agli standard indiani (solo dopo ho compreso che è meglio dormire fuori per preservare la parte antica). Il gestore ci propone, sorridente, un safari nel deserto ma decliniamo l’offerta.

Dopo due giorni al mattino, appena svegli, ci manda via. Dice che sono altre prenotazioni e che ce lo aveva detto…

Ci spostiamo da Laura, almeno siamo tutti insieme. Lì c’è anche il ristorante su un terrazzino che si affaccia su palazzi intarsiati con maestria, l’atmosfera è ovattata, come se il tempo si fosse bloccato. Il proprietario è simpatico. Non ricordo perché ma resto sola con lui a contrattare per mezzora ed è così contento da offrimi un chai.

Mi dice:” Ti stimo, tu non hai accettato il primo prezzo che ti ho detto. Non ti sei fatta fregare e apprezzo le persone come te. Sei stata mezzora a contrattare con me, a tentare di convincermi”. Poi lo racconta agli altri, quando arrivano. Io e Giovanni ci meritiamo, grazie alla mia contrattazione, la camera più carina e pensiamo di rimanere lì per una decina di giorni.

Possiamo cantare e suonare perché Baba, il proprietario, ama la musica. Un giorno Mathieu mi invita a ballare delle danze popolari francesi mentre gli altri suonano. Che divertimento, sembra che il nostro gruppo sia insieme da una vita.

Ma il colpo di scena è dietro l’angolo…

C’è anche Tim, conosciuto a Pushkar!

Alla prossima settimana 😉

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Sara

Anima vagabonda, amo aggirarmi nelle medine arabe, nei templi indiani, nei borghi salentini o deserti sperduti nel mondo a sentimento, collegata con la Terra e il Cuore. Mi trovi anche sul progetto Sahara View Tours.

11 Risposte

  1. clara ha detto:

    Eccoci a Jaisalmer. Noi ci dovevamo restare due-tre giorni e finimmo per starci una decina di giorni. Io ero incantata, sentivo la poesia ovunque, addosso, nei vicoli, sotto i piedi. Anche noi partimmo per il Rajasthan con una coppia conosciuta a Delhi, in stazione, mentre eravamo in fila. Fu amicizia a prima vista! Che posto fantastico, il Rajasthan, nonostante le assurde contraddizioni, trasuda bellezza. Io cominciai a scrivere in modo consapevole proprio là, sul terrazzino di un alberghetto. Attendo la prossima puntata

    • Sara Chandana ha detto:

      Lo stesso per noi. Jaisalmer non lascia andare. Non posso dedicarle un solo post perché ha donato tanto, tantissimo. Mi metto già all’opera per la prossima tappa. Non so dove tu sia ora ma qui nel Salento il sole sta scaldando tutto. Faccio il pieno di mare, alcuni giorni anche solo per guardarlo.

  2. clara ha detto:

    Sono in Romagna, immersa nel verde delle colline in un posto dove il tempo è sospeso, ma sono stata in Salento per ricongiungermi col mio amato Adriatico. A presto

  3. Roberta ha detto:

    Sai che mi è piaciuto un sacco questo racconto? Mi ha avvinta. Per prima cosa, perché si tratta di un luogo da me mai visitato. E poi perché, a differenza di altri, non hai fatto la recensione del luogo ma ci sei entrata. Brava

    • Sara Chandana ha detto:

      Grazie Roberta! Sono felice che tu abbia colto questo, per me la recensione è importante ma viene dopo. A me interessa vivere i luoghi e trasmetterlo, per quello che è il mio percorso. Un abbraccio.

  4. Paola ha detto:

    In Asia, non solo in India, capita spesso di trovare e ritrovare altri viaggiatori. È una cosa che adoro ed è sempre una sorpresa!

  5. Francesca ha detto:

    Ciao Sara! Bellissimi racconti, dovrei andare a Jaisalmer domani! Hai un posto da consigliare per dormire?

  1. 3 Luglio 2017

    […] Per la puntata precedente del viaggio leggi Direzione Jaisalmer […]

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